Manzoni nei Promessi Sposi narra che nel territorio dove l’Innominato estendeva la sua trista fama, non c’era crimine o malefatta che non gli venisse attribuita, anche se ne era estraneo. Tanta era la nomea che l’Innominato si era conquistato  che attribuirgli la

responsabiltà anche se non rispondeva al vero, era tuttavia verosimile, possibile, credibile.

Tanta è la fama di una certa magistratura incline alla ricerca di politici e dintorni per crocifiggerli con indagini foriere di conseguenze politiche perniciose che non si fa fatica a ritenere verosimile, l’allarme lanciato su un’indagine con carattere persecutorio nei confronti della influentissima sorella del presidente del Consiglio.

Perseguirla sarebbe un passo ben più significativo che ronzare intorno ai padri e alle madri di personaggi importanti, cari affetti ma politicamente insignificanti.

Indagare sulla sorella del premier ha più il valore che ebbe perseguire la moglie di Clemente Mastella, all’epoca presidente del consiglio regionale della Campania e tutt’uno con il marito ministro.

Quell’indagine costò la vita a un governo  e a una legislatura.

Visto l’humus e i precedenti, anche 

 i valori son ribaltati a tal punto che per confortare  la veridicità di quanto è stato scritto non si sono portate prove attive ma è apparso sufficiente che semplicemente non ci fossero smentite da parte degli Uffici ‘ presumibilmente ‘ interessati.

Sembra per certi versi naturale, anzi normale che  si sia avviata un’indagine dannosa per il governo, quasi che fosse mission scontata che certa magistratura usare il potere per fini politico- persecutori.

Per i sondaggi  2 italiani su 3 non hanno fiducia nella magistratura. La ritengono faziosa, soggetto attivo nel caos politico, insufficiente, incapace di quella equità, serenità, terzietà fondamento della credibilità del magistero.

L’indice è precipitato a vite dopo i fasti della stagione di Di Pietro, Davigo e c. oggi peraltro ampiamente rivisitata.

Ci sono questioni ben più pressanti che appesantiscono l’amministrazione della giustizia che la supposta faziosità di alcuni pubblici ministeri.

I quali a dire il vero sembrano rinfocolare la già precaria situazione, come l’indicibile e incommentabile vicenda del governatore dimissionato della Regione Liguria ha ribadito.

Il ruolo dei media è fondamentale.

Da un lato quelli tifosi dei magistrati alla ricerca del politico di turno da lapidare.

Oppure più semplicemente quelli faziosi e intenti a tifare per chi sembrerebbe in grado di garantire scorciatoie per spodestare chi governa.

Quelli che hinc et inde si prestano a fare da grancassa alle parti, senza curarsi di altro che servire non la verità ma i mandanti e essere loro utili strumenti da azionare al bisogno.

Non è un caso che circa 1 italiano su 2 dia un minimo di credito ai media tradizionali e meno di 1 su 4 ai social.

Il governo ha tratto vantaggio dalla diceria.

È andata a finire che si è parlato di una non-notizia anzichè dei reali problemi da affrontare.

La strategia consueta del potere in difficoltà è utilizzare le famose ‘ armi di distrazione di massa’.

In questo caso c’è la particolarità di una forza di governo avvezza storicamente- non per sua responsabilità -all’assedio, all’allarme dei nemici alle porte, alla visione di un mondo esterno che perseguita ghettizza, assalta.

La leader, figlia di questo mondo, è in più per indole e cultura personale guardinga, sospettosa, circospetta.

Il suo partito è un aggregato tribalfamilista che trova nel muro di scudi il metodo migliore per rapportarsi con gli altri.

In questo contesto l’allarme- Arianna si risolve in un regalo di fine estate.

Guerre, problemi reali, promesse mancate, prezzi, accise, costi energetici, inflazione, tributi insostenibili, assenza di soluzioni, figurette tipo ‘ balneari ‘. Tutto in retroguardia.

I Tartari sono alle porte e non ci si può distrarre anche se nessuno li ha ancora visti davvero.

Intanto la fiducia nel  governo è un patrimonio in calo costante.

Ma come diceva Andreotti unico vero mentore di chi in questo paese si impossessa delle leve del comando: finchè la barca va. . . . E quando affonderà nelle stive ci saremo noi non loro, acquartierati in coperta, i più furbi in plancia e certuni già comodamente allocati altrove.