Giancarlo Giorgetti,’consigliori’ nella Lega vecchia e nuova, aveva anticipato il decorso della mutazione. Aveva riservato lodi a Mario Draghi e l’auspicio più meno esplicito di un governo da lui presieduto. Draghi è il rappresentante di quanto c’è di più avversato da sempre dalla Lega. Draghi rimane colui che organizzò la svendita alla finanza anglosassone del patrimonio nazionale, con il meeting nel panfilo Britannia. Draghi è da decenni l’uomo di punta di Goldman Sachs e fra i pochissimi gestori mondiali del potere finanziario. Draghi è il fautore della consegna dei destini del paese all’Ue e al finanziarismo. Draghi è colui che Francesco Cossiga -bocca della verità che conosceva a menadito il sistema fin dalle sue viscere-definì ” vile affarista”,” socio di Goldman Sachs”, indegno di ricoprire la carica di presidente del consiglio.
La Lega non è nuova ai repentini cambi di direzione: da federalista e antimeridionalista a patriottica e paladina dello stato unitario, da giustiziera dei Prefetti, a protettrice del loro ruolo, da anti mov5stelle a loro alleata di governo, da difensore dello stato di diritto a abolitrice della prescrizione, da fautrice dell’iniziativa privata al voto per il reddito di cittadinanza. C’è in quel movimento la capacità di adattamento alle situazioni di potere. Oggi si è all’inversione a U e viene data disponibilità ad un governo di salute pubblica, o “di emergenza” con allineamento sulle posizioni europeiste e finanziariste. Il diavolo di ieri, il nemico della vita, diventa alleato, sponda con la quale accreditarsi. Salvini si dice disponibile ad un ” governo serio” (sic!) richiamando gli appelli di Mattarella, anch’esso fino a ieri nella lista degli improponibili. Siamo alla resa al nuovo ordine dei mercati che appare imbattibile. Da qui la transumanza verso i treni per Bruxelles della Lega ambiziosa di conquistare fette di potere. Si può aprire un nuovo scenario. Giù dal caravan filo Draghi rimane soltanto Giorgia Meloni e il suo partito. È rimasta coerente, anche se con troppa facilità ha fornito patenti di attendibilità a chi non lo meritava. Se costei saprà rompere il rosario delle occasioni perdute dalla destra italiana, si potrebbero schiudere delle opportunità. Per quanto si possa ampliare il potenziale campo di raccolta del partito di Giorgia Meloni, più’ di tanto non potrà espandersi. Per riserve oggi più psicologiche che politiche e per l’obbiettivo limite dello spettro della sua offerta La necessità di ampliare la proposta di un centrodestra coerente e affidabile, richiede la chiamata e la partecipazione di tutte le tendenze, quelle che dettero vita al Popolo della libertà. Ci sono milioni di cittadini rimasti senza casa politica che il Fdi non riesce a rappresentare e che Lega e Forza Italia hanno rinunciato a rappresentare e che tentano di tenere in seno in guisa semiabusiva. Va ricostruita una casa per tutti. Insieme alla necessità di ampliare l’offerta, c’è’ anche la necessità di rimpinguare struttura e programmi. Se avvalendosi del vuoto che si sta creando ci sarà il coraggio di aprire, sciogliere, inglobare, rifondare e ripartire, la speranza si potrebbe riaffacciare. È un’occasione per l’Italia e per Giorgia Meloni stessa. Diversamente tutto andrà per il peggio. Il treno continuerà ‘ ad avvicinarsi al baratro. Scenario che i meno ottimisti già preconizzano.