La Vocina pubblica una riflessione di uno dei più conosciuti e stimati concessionari di stabilimenti balneari di Forte dei Marmi.
Lo fa perche’ essa contiene quello spirito, quel genius loci che spesso cerchiamo di spiegare con ragionamenti non semplici e che invece qui traspare in modo chiaro. Il diritto a buon vivere dei cittadini e anche l’interesse nazionale sono offesi anche dalla distruzione di questo patrimonio immateriale in nome del profitto, del globalismo e dell’omologazione.
È dal 1946 che sono sul mare, una vita intera passata sulla spiaggia a gestire e mantenere uno stabilimento che ho sempre considerato il posto più’ bello del mondo.
I miei genitori, hanno contribuito alla crescita di questo paese e alla nascita di quello che oggi è considerata una perla nel panorama mondiale.
Non ho mai avuto la percezione di possedere un bene di mia proprietà, ma solo la sicurezza di gestire un’attività e un lavoro che permettesse di vivere dignitosamente e di assicurare un futuro alla famiglia.
Mi sono sempre sentito un imprenditore a metà con il piacere e il benessere dato dalla gestione dell’ azienda, ma con la mancanza di quei requisiti fondamentali che sono o dovrebbero essere la regola per chi migliora, investe, fa crescere il proprio patrimonio.
Ho sempre pensato che prima o poi la sete di guadagno di chi non concepiva che gestioni più o meno familiari, espressione di un piccolo mondo con tutti i suoi limiti e le sue magie, potesse gestire le spiagge e tenere fuori i grossi investitori avrebbe prima o poi trovato un sistema per impossessarsene. Ho sempre avversato quello che avrebbe potuto essere preso a pretesto per giustificare l’avvento dei grandi gruppi.
La dizione ‘Unione Proprietari Bagni ‘, non mi è mai piaciuta e ho sempre cercato di cambiarla.
Non ho mai sostenuto chi voleva che i canoni demaniali andassero mantenuti a questi livelli.
Non ho mai sostenuto il potenziamento esagerato delle attivitá extra balneari, ma solo un loro misurato aggiornamento.
Questa testimonianza- oggi che dopo tanti decenni ho ancora la voglia di lavoro sul mare come il primo giorno-penso di poter rendere comprensibile che l’attività dei bagni è un pezzo di civiltà, tradizione, ma anche di storie personali di lavoro e sacrifici di famiglie , cuore della nostra gente.
E’ anche la testimonianza del saper lavorare, creando nel tempo un’eccellenza nei servizi, nelle guardia del mare, nella formazione dell’immagine della nostra costa.
Capisco anche che è un settore importante di grande interesse economico e quindi appetibile a grandi gruppi che dispongono di immani risorse e che mirano a monopolizzare le spiagge per renderle ancora più fonte di profitto.
Le famiglie come la mia saranno spazzate via dal progresso europeo, magari anche con un qualche buonuscita.
La questione è anche economica, non discuto, e forse è tardi per fare certe riflessioni.
Ma non si può cancellare una realtà che è sotto gli occhi di tutti, e che è in sè un patrimonio, come si dice oggi, ‘un’eccellenza di territorio’.
Anche se le leggi lo consentono e il criterio di riconoscenza non è di questo mondo, che è ormai votato a altro.
Non chiediamo che ci siano riconosciuti i meriti acquisiti.
Chiediamo di non gettare via un patrimonio a noi caro e amato dagli ospiti, tratto distintivo della nostra terra.
Patrimonio morale e non solo economico che in tutti questi anni, ha contribuito a cambiare il corso della storia di queste terre e migliorare le condizioni di vita di tutta la comunità.
Sergio Marrai (concessionario Bagno La Pace Forte dei Marmi)