Per capire in che buco nero ci stiamo infilando è bene mettere in fila alcuni semplici passaggi.
L’aumento del costo energetico porta con sè l’incremento dei costi di produzione, trasporto etc che si riflette sul prezzo dei prodotti. I prezzi che salgono provocano la contrazione dei consumi.
Questa è la deflazione:si vende di meno, si produce di meno, si riducono i posti di lavoro.
La coesistenza inflazione/deflazione(prezzi in rialzo /minore circolazione di denaro)è la miscela più esplosiva da mettere sotto la seggiola delle economie liberali.
Il sistema in crisi vede seccarsi l’orto perchè l’acqua costa troppo e si aspetta chi compri tutto anche a prezzi stracciati.
L’orto va in mano ai capitali di rischio che comprano a poco, operano in perdita, monopolizzano il mercato.
Si avvantaggiano nel frattempo anche le big energetiche sia per gli extra profitti, sia per la cancellazione dal mercato delle medie e piccole imprese energetiche.
I burosauri si fregano le mani poichè il gettito degli oneri tributari e di sistema aumenta.
Questo scenario, spiegato in modo semplice non è teorico.
È quanto sta succedendo.
C’è chi si avvantaggia e chi è sfavorito.
Per l’appunto, si avvantaggiano tutti gli attori della postdemocrazia.
Compresi i soggetti di finanza e speculazione che vedono crescere il valore dei titoli ‘future. ‘
Gli svantaggiati siamo noi.
La leggenda che il fenomeno sia ineluttabile e che gli aumenti dei costi energetici siano dovuti alla guerra ucraina è falsa.
Il prezzo del petrolio al barile il 19/3 era 96 dollari, in ribasso. Non soltanto inferiore a quota 100, ma addirittura metá del costo del petrolio al tempo della crisi 2008( 186 dollari / barile).
Un lampo di onestà intellettuale ha fatto confessare al ministro Cingolani in Senato “Non e’ accettabile l’escalation dei prezzi, che e’ attribuibile alla quotazione di un mercato che opera su scambio di contratti ‘future'”
Che fossimo in una situazione opaca era confermato dai fornitori internazionali di gas che negavano- non smentiti- la scarsità di forniture all’Italia e sostenevano che i prezzi erano del tutto concorrenziali.
Dico da mesi inascoltato, che si è in mezzo a questo disegno poco lodevole, ordito allo scopo di riapprezzare i titoli ‘future’energetici, favorire le big, la finanza speculativa e continuare destrutturare il tessuto delle imprese medio piccole, le classi medie, i produttori di redditi e valorizzare i redditi di assistenza (bonus).
Non sarebbe stato complicato suggerire le soluzioni: abolizione temporanea delle accise e oneri di sistema, iva al minimo.
Un litro di benzina o gasolio sarebbe costato, € 0, 75 ( media) anzichè’ € 2, 4 ( media) e l’energia elettrica sarebbe rimasta negli standard dei mesi precedenti.
I vantaggi per l’economia, le imprese, i cittadini sarebbero stati immediati.
Il flusso di ricchezze rimesse in circolo avrebbero incrementato il gettito tributario e la riduzione della spesa assistenziale.
Occasione da non perdere e che avrebbe costituito un volano di crescita reale.
Invece Attila delibera una mancetta transitoria umiliante per lui e per noi, giustificata con la consueta tecnica affabulatoria di stampo gesuitico e falsa in radice.
La vergogna non sta in un governo che definire ‘flagello dell’Italia’ è forse un po’ teatrale, ma sicuramente riduttivo rispetto ai demeriti. Nè nei silenzi, i consensi, le critiche all’acqua di rose di politici e media.
La vergogna sta nei cittadini capaci di fare il diavolo a quattro per problemi di spessore minimo e silenziosi e proni rispetto a una rivoluzione ormai alla luce del sole che porterà a conseguenze neppure immaginabili se non fermata per tempo.
Pensare che questo visione sia da fantascienza horror è l’ennesima illusione.
Quanti solo tre mesi fa avrebbero considerato realistico discutere sull’eventualità di una guerra nucleare e sull’opportunità di investire in armamenti e infrastrutture difensive?