La mossa Di Maio ha scatenato reazioni, per lo più incentrate sul personaggio e sulle sue contraddizioni.
Le piroette, le mutazioni, sono una consuetudine diffusa. Di Maio non è l’eccezione, è la regola.
Il trasformismo risale a Depretis e le facce di bronzo non sono mai mancate.
È naturale che chi ha organizzato la mossa, non si dispiaccia di questo can can un po’ gossipparo e un po’ invidioso.
Distrae dalla lettura del disegno politico denso di un tasso di pericolosità cospicuo.
La scissione colpisce un contesto che ha avuto pesanti conseguenze sugli assetti istituzionali e su alcuni valori che distinguono lo stato di diritto dalle forme primordiali di organizzazione sociale.
Il fenomeno massivo e impattante si era già autodistrutto.
Alcuni grillini rimarranno in circolazione, variamente (ri)posizionati. Ma di partiti non partiti, di statuti non statuti, della trasparenza in streaming, dell’uno vale uno non se ne sentirà parlare più molto.
È lettura appropriata valutare la scissione come tappa della destrutturazione non di una singola forza ma della sostanza della democrazia rappresentativa.
La postdemocrazia finanziarista e i suoi campioni nazionali stretti da un’alleanza consolidata con la megaburocrazia pubblica, ha fra i suoi scopi il depotenziamento delle istituzioni democratiche e il principio di rappresentanza.
In questo in non casuale sintonia con i movimenti tipo 5 stelle.
Nel caso Di Maio si è proceduto secondo una collaudata metodologia.
Si prende a cuore il destino di un personaggio, lo si guida, lo si blandisce e si protegge. Gli si fanno balenare e toccare con mano vertici inimmaginati, gli si mostra l’altra faccia della luna e lo si assicura alla causa.
Bravo, docile, obbediente, posizionato.
Ecco perché ho detto che si scrive Di Maio , ma si legge Zampetti.
Il 27enne Di Maio, viene catapultato alla vicepresidenza della Camera da una forza politica inesperta, priva di maestri delle istituzioni.
Tuttavia ha un buon physique du role, è corretto nei modi, disponibile all’apprendimento.
Costui è preso sotto l’ala protettiva da Ugo Zampetti segretario generale della Camera.
Scuola e protezione poi continuata da Ugo Zampetti, divenuto segretario generale della presidenza della repubblica.
Di Maio arriva a ricoprire il ministero più delicato della compagine governativa. Draghi lo reputa intoccabile.
Copre la casella, legge lo scritto, esegue, ha presenza. Parla solo italiano, ma dopotutto anche il papa usa l’italiano, come lingua diplomatica.
Creato il personaggio lo si utilizza per la bisogna.
Da un lato Conte, altro epifenomeno di questo tempo politico, che accompagna lo spiaggiamento di un movimento divenuto inutile e perfino imbarazzante.
Dall’altro Di Maio ( Zampetti Mattarella Draghi) e avvio della nuova tappa verso la postdemocrazia applicata.
Sarà concepita una forza parlamentare che molti definiranno ‘centrista’, in realtà una Legione Straniera ‘draghista’ per modo che la luna dimaioista attragga e faccia atterrare nella pianura della postdemocrazia di potere, gruppi gruppetti, parlamentari in cerca d’autore, a sostegno acritico del governo.
Saranno azzerate le pur tiepide richieste degli altri già ospiti del bandwagon.
Nel contempo si prepara il terreno alla nuova legislatura, quella della svolta e del colpo di grazia perchè si avveri la profezia di Tremonti ” mercati sopra stati sotto” alla quale va aggiunta ” cittadini e comunita’ in discarica’.
La falsariga dell’operazione è ben nota e fu usata in più di un’occasione.
La debacle elettorale che seguirà conterà poco poichè il soccorso successivo, pd in primis consentirà un governo sempre tecnico-finanziarista, emergenziale, atlantista, pro UE, nemico del paese, amico del ‘mondo di sopra’, con Parlamento semplice espressione linguistica e i soliti noti comunque in sella.
Questa la banale realtà di una similscissione, resa criptica dal servilismo e dalla stupidità dei più.