Sabato l’Ucraina ha commemorato l’Holodomor, la grande carestia pianificata da Stalin nel ’32 per piegare la resistenza dei contadini alla collettivizzazione e mettere in ginocchio il Paese, che causò almeno quattro milioni di morti. Holodomor è un termine ucraino composto da “olod”, che significa carestia, e “mòryty”, ossia uccidere o affamare.
In questi giorni i parlamenti di Irlanda, Romania e Moldova hanno riconosciuto quel crimine di Stato come un genocidio, e anche il Bundestag si appresta a fare altrettanto con un documento presentato dai partiti di governo e dalla Cdu.
In Italia, questa lacuna storica sta per essere colmata grazie a Fratelli d’Italia, con una mozione che sarà presentata domani alla presenza dell’ambasciatore ucraino in cui si riconosce l’Holodomor come genocidio in quanto “elemento fondamentale dell’identità nazionale ucraina dopo lo scioglimento dell’Urss, un’identità basata sulla sofferenza e che ha perciò respinto possibili derive oppressive e favorito l’affermarsi dei valori dello Stato di Diritto, della democrazia e dell’aspirazione ad entrare a far parte dell’Unione europea”. Una mozione molto simile a quella presentata dal Pd nella scorsa legislatura, e si dovrebbe arrivare quindi a un’approvazione bipartisan, anche se resta l’incognita di cosa faranno i Cinque Stelle. In questo senso, la lettera al popolo ucraino scritta da Papa Francesco, che ha definito quella carestia come “il terribile genocidio dell’Holodomor”, dovrebbe spazzare via le ambiguità di chi si è finora nascosto dietro il suo magistero per giustificare il pacifismo filorusso.
Anche perché è sempre più chiaro che Putin sta seguendo le orme di Stalin, cercando di far pagare al popolo “fratello” ucraino il fallimento della sua “operazione speciale” costringendolo a un inverno di fame, di sete e di freddo. Per questo ha ordinato al generale Surovikin, nuovo comandante delle forze congiunte in Ucraina, di distruggere le infrastrutture energetiche e critiche del Paese per “congelare gli ucraini fino alla resa”. Oggi come novant’anni fa, insomma, la strategia è quella di fiaccare il morale della popolazione civile e spingerla contro il governo legittimo di Kiev. Un’autentica strategia del terrore esposta senza troppi giri di parole dal pronipote di Tolstoj, vicepresidente della Duma, che l’ha definita “efficace e lecita” per annientare il nemico, con l’obiettivo di “rispedire l’Ucraina nel diciottesimo secolo” abbattendo ogni sua infrastruttura. Il vile ricatto di Putin, dunque, è in pieno svolgimento: gran parte dell’Ucraina è infatti rimasta senza elettricità, riscaldamento e acqua dopo una serie devastante di attacchi missilistici russi. Milioni di persone stanno precipitando in condizioni di vita spaventose, ed è quindi sempre più insostenibile la posizione di chi, ancora, si oppone all’invio di armi alla resistenza ucraina. Opporsi anche al riconoscimento del genocidio di novant’anni fa sarebbe un insulto alla storia e un aperto sostegno al criminale del Cremlino.