La bufera scatenata dal Pd contro il ministro Valditara non può sorprendere, visto che la scuola pubblica è uno dei fortilizi ideologici della sinistra, da sempre adusa ad usarla per la sua propaganda, e la lettera della preside fiorentina sul ritorno del fascismo fa evidentemente parte di questo armamentario.
Non illudiamoci dunque: il clima di tensione è destinato a crescere, non a caso la Schlein concludendo la sua campagna per le primarie, a Firenze, ha intonato Bella ciao “per rispondere a Valditara”. Il solito copione, insomma, che torna buono ogni volta che il centrodestra vince le elezioni. Basta ricordare i tempi dell’ultimo governo Berlusconi, quando la sinistra fece sfilare gli alunni delle elementari col lutto al braccio, una protesta organizzata dal Pd contro la reintroduzione del maestro unico.
Una sceneggiata senza senso agli ordini di un partito per il quale la scuola pubblica è un serbatoio di consensi clientelari e un formidabile mezzo di indottrinamento politico attraverso una squadra di professori legati più all’ideologia che all’amore per l’insegnamento.
L’Unita’, allora, teorizzando “l’imparzialità” delle scuole di Stato, scrisse che in Italia c’era un partito dominante (il Pdl) pronto a istituire una “larvata dittatura” e a trasformare le scuole pubbliche in scuole di partito (da che pulpito…) impoverendole dando più risorse alle scuole private. E paragonò la “resistenza” dei contestatori a quella contro il fascismo.
Rovesciare la realtà, del resto, è un vecchio e inossidabile retaggio leninista: non è forse vero che per decenni i libri scolastici hanno nascosto parti fondamentali di verità storica, basti citare le foibe? Altro che scuola pubblica imparziale, se certi professori sceglievano libri di testo in cui nella stessa pagina, fra i più grandi criminali della Repubblica, figuravano Totò Riina e Bettino Craxi, e se sui crimini del comunismo si stendeva una coltre impenetrabile di silenzio ideologico, in attuazione dell’egemonia culturale teorizzata da Gramsci. Ora si usano gli scontri davanti al liceo Michelangelo come arma propagandistica contro la realtà – perché il fascismo non è alle porte – e contro un ministro che ha solo osato criticare una maestrina dalla penna rossa.