Destra e sinistra è una scansione storicizzata alla quale sarebbe insensato sottrarsi. Anche se fosse avvenuto quello che Luca Ricolfi chiama ‘ la mutazione’, cioè l’inversione sostanziale dei ruoli.
Lo scontro odierno fra destra e sinistra si profila come artefatto, più simile a una sceneggiata i cui protagonisti sono attori e complici.
Giorgia Meloni ‘ sono italiana, sono cristiana, sono una madre, sono una donna’ e la Elly Schlein non sono italiana, non sono cristiana non sono una madre, amo una donna, sembrano uscite da un casting commissionato dalla Postdemocracy Entertaiment alla ricerca della protagonista e dell’antagonista ideale per mettere in scena la serie ‘ L’inganno’.
Se c’è dialettica è necessario che vi siano differenze profonde fra gli schieramenti su questioni basiche e di spessore.
Oggi, sinistra e destra, nelle loro rappresentanze parlamentari sono entrambe nell’alveo della postdemocrazia, hanno piattaforma comune.
Condividono il principio della misurazione quantitativa della crescita, utilizzano il PIL, come unità di misura come vuole la finanza speculativa. Si uniformano alla contabilità formale e non a quella reale, evidenziano il profitto anche nelle gestioni pubbliche e parapubbliche, ignorano il risparmio privato, l’impresa diffusa. Accettano che si gravi massimamente sul ceto medio, riconoscono il potere e il predominio di banche internazionali e multinazionali, sostengono o si conformano ai diktat dell’Ue, riconoscono la supremazia della normativa internazionale su quella nazionale. In breve accettano e sostengono il quadro di riferimento voluto e promosso dalla postdemocrazia, ne valorizzano i contenuti, fanno applicare principî, leggi, regole, filosofie contrarie all’interesse della comunità ma favorevoli al globalismo speculativo. Accettano supinamente l’alleanza Nato, lo strapotere delle forze atlantiche, i principî del liberismo speculativo e del governo del deep state funzionariale.
Per ciò che conta davvero sono dalla stessa parte.
Il quadro porta alla mente due situazioni a) Le due parti della mela postdemocratica presentano un grado di diversità simile a quello che poteva esserci nella prima repubblica fra partito liberale e partito repubblicano b) il contesto richiama il Partito Rivoluzionario Istituzionale che governò fino al nuovo millennio la federazione messicana, che racchiudeva nel suo interno ogni corrente e che realizzava l’en plein di seggi. Dava cosí senso all’apparente ossimoro del suo nome.
In Italia potrebbe esistere senza scandalo il Partito Postdemocratico Unito.
Mentre il Pd è in linea col continuismo draghista e il suo orientamento preferenziale di partito più attento ai diritti civili che a quelli sociali, dall’altra parte si sono accantonate importanti promesse pre elettorali, facendo o consentendo il contrario degli impegni assunti (es, ripristino accise e oneri di sistema, incentivazione inflazione, sistema dei bonus, abolizione 110%, abdicazione sull’interesse nazionale nei rapporti europei, sudditanza sui temi casa, green economy, balneari, riforma fiscale a mai, continuismo di sistema per nomine, scelte, percorsi con il governo precedente, filoamericanismo incondizionato ). È cosí in scena il governo Draghi 2, mentre le opposizioni trasformano la loro lotta in missione libertaria.
Lo scontro fasullo sui diritti, improprio nei tempi prima che nei contenuti è utile alla postdemocrazia per agire indisturbata e mascherare le crisi odierne di banche, borse, globalismo a tutto tondo, il peggioramento delle condizioni di vita sempre più marcato, l’abbassamento del livello dei servizi e della tutela dei diritti.
L’opinione pubblica si accapiglia sui figli omogenitoriali, legittima la commistione fra questioni etiche e politiche, si rinvigorisce un errore già pagato caro dalla destra ( referendum sul divorzio) e viene rafforzata la battaglia sui diritti civili della Schlein.
Nel gioco delle parti ognuno fa la sua. Compreso Pantalone, spettatore gabbato e pagante.