Se la continua diserzione dalle urne suona disaffezione crescente per le forze politiche, le uscite del presidente della repubblica non migliorano il tasso di fiducia nel sistema.

Quando il trumpiano Elon Musk, il magnate, dichiarò “I giudici italiani se ne devono andare”, Mattarella insorse ‘Chiunque… deve rispettarne( dell’Italia ndr) la SOVRANITÀ e non può attribuirsi il compito di impartirle prescrizioni”.

La dichiarazione è infelice, improvvida e asimmetrica.

Un presidente della Repubblica non polemizza con un privato cittadino specie se straniero.

Qui più che il presidente ha parlato il democristiano di scuola morotea, che ha fatto un assist -problematico definirlo involontario – al suo ultimo partito di provenienza e alla congrega anche internazionale che sostiene il palazzo postdemocratico al potere, quello di scuola globalista.

La parte incommentabile della dichiarazione è la difesa della sovranità nazionale.

Nessuno neppure “un prossimo membro del primo governo del mondo può impartirle prescrizioni” (Mattarella)

Neanche un Salvini superincazzato avrebbe osato tanto, confondendo e prendendo  per ‘prescrizione’, pur nella sua acclarata approssimazione, una critica e un auspicio.

Il neoapostolo della sovranità è lo stesso che auspicava amputazioni di quella stessa sovranità, oggi ringhiosamente difesa, a favore di una non meglio definita ‘sovranità europea’ o ‘sovranità condivisa’.

‘Sovranità’ inesistente, poichè essendo valore di spessore costituzionale non può essere attribuita a un ente come la UE che non ha una Costituzione, né è ordinamento statuale o sovrastatuale. 

È dunque ontologicamente e per definizione SPROVVISTO di SOVRANITÀ.

Si confondono colpevolmente le disposizioni dell’Ente UE che per trattato i paesi membri accettano di seguire, per espressioni e manifestazioni di una presunta quanto immaginifica ‘sovranità europea’.

Sussurrare al prof Mattarella che la Costituzione (art 11) parla di ‘ limitazioni di sovranità ‘ ma non di ‘condivisione di sovranità’ nè tantomeno di un’immaginaria ‘sovranità europea’, evidenti ossimori, pare un’offesa alla sua e alla intelligenza di chiunque.

L’ansia di parteggiare e di stare nei panni dell’eterno dc moroteo si è nuovamente rinnovata nell’endorsment a Fitto, arruolato anch’esso nel caravan postdemocratico.

Ma il presidente è instancabile nella soggettiva interpretazione di carica e Carta.

Così si é autodefinito ‘arbitro’.

“L’immagine del Presidente della Repubblica come arbitro l’ho usata anche io. . . . “

Il presidente della repubblica non è un arbitro e gli organi costituzionali non sono squadre in conflitto.

L’art 87 Cost dichiara esplicitamente “Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale” Punto. Non fa l’arbitro, fa qualcosa di ben più nobile e diverso.

Difficile non intravedere l’intento dell’autodefinizione : estendere i suoi poteri di rappresentanza a ruoli politici e esecutivi.

Da garante a dictator intra proelium.

Garante dell’unità nazionale e presidente del CSM avrebbe ben potuto esercitare il proprio ruolo per far sì che l’Italia non soffrisse di un’anomalia ormai congenita.

È mortale per la tenuta del sistema che la magistratura si faccia partito in odore di governo e tramite singoli membri e attività sindacali si industri in ogni modo per interferire nel disegno politico nazionale.

Nei suoi 10 anni di regno, silenzio di tomba o quasi : un pesce in barile avrebbe fatto di più.

Si è ben guardato dal far emergere e sventare questioni importanti come il puntuale intervento magistratuale in prossimità di qualsiasi evento elettorale, causa anche di crisi di governi nazionali.

Oppure la guerra contro la scelta politica di contrasto all’immigrazione illegale (Albania) covata per anni in attesa della miccia da innescare, senza che il garante avvertisse la necessità  di preservare il prestigio e la credibilità delle istituzioni e in primis della nazione.

Senza ulteriori esempi, nè lo sciocco richiamo a toghe colorate e schierate, nè al verminaio Palamara, tuttavia rientrebbe -questo sì-nei suoi compiti tentare di impedire che la magistratura precipitasse  ulteriormente nell’affidabilità ormai al lumicino presso il popolo in nome del quale i giudici dovrebbero esercitare la propria funzione (art 101 Cost).

Il suo silenzio e la sua inerzia hanno colpito in profondità lo Stato, di cui è Capo.

Hanno contribuito a promuovere la non irragionevole consapevolezza che i cittadini hanno meno chances del mugnaio di Brecht di trovare un giudice nè a Berlino nè a casa propria.

L’opera di garanzia del presidente fra inerzie, abili percorsi, silenzi, luoghi comuni, sostegno dell’asset postdemocratico globalista, si fa liquida e finisce per garantire non si sa più chi.

O meglio si sa. E non va davvero bene.