Nel nostro ordinamento non è previsto un quorum minimo per la validità delle elezioni politiche.
Più che una dimenticanza dei costituenti, l’ipotesi non risulterebbe presa in considerazione.Il voto era il simbolo della vittoria della libertà, un traguardo, un obbligo morale indefettibile definito in Costituzione ‘dovere civico’.
Alle prime elezioni votano tutti o quasi e così nei decenni a venire.
Poi succede che la gente smette di andare a votare.
Sulle prime il sistema fa finta di niente, chiama al voto ma soprassiede sulle defezioni e fa come se non fosse successo nulla .
Successivamente i cantori del potere spiegano che le democrazie ‘mature’ scoraggiano il desiderio di voto e vengono presi a esempio gli Stati Uniti.
In seguito accade che le percentuali di votanti in Italia sono perfino più basse di quelle USA .
Infine si verifica una cosa da non credere: chi non va a votare è la maggioranza assoluta degli italiani.E non in elezioni suppletive o in territori dove si è sempre votato di meno che altrove.
Cápita nel tempio della partecipazione, del voto di massa, la cintura rossa delle coop, delle case del popolo, dei sacerdoti operai e degli operai sacerdoti del verbo democratico.
Laddove Peppone e don Camillo mobilitavano ogni votante disponibile, con ogni mezzo possibile.
Nei territori che gli studiosi -eccellenze mondiali- (Putnam) valutano come i più dotati di senso civico di tutta la penisola.
Allora i ballerini e gli orchestrali del Titanic incominciano a capire che il refrain dei suonatori superficiali che ‘se vota anche l’un per cento si governa lo stesso’ con il sottinteso ‘e noi si resta a galla’ è puna sciocchezza reale.
Un giovane e bravo politologo ricorda ‘Pure la peggiore delle dittature necessita di consenso, smettendo di esistere quando questo si estingue’.Traduzione: anche i governi totalitari senza consenso popolare vanno prima o poi a gambe ritte.
Figuriamoci -si aggiunge- i sistemi che attribuiscono la sovranità al popolo che la esprime in primis con il voto (art 48 Costituzione).
Costui altrove osserva ‘le collettività decidono SEMPRE della propria traiettoria, esprimendosi ogni giorno con ethos e pulsioni in presenza o IN ASSENZA DI ELEZIONI’.
Di frequente in ogni ordinamento dotato di carta fondante, la prassi fa regola oltre la norma.
Si pensi agli USA dove i due mandati presidenziali erano di prassi e non furono regolati per norma dal 1776 al 1951.
In Italia la dottrina bollava tout court l’astensionismo come ‘ disinteresse’ e per ciò immeritevole di considerazione.
La prassi sta indicando che il diritto di voto è un ‘dovere civico’ sia nella sua espressione che nell’astensione.
Il non-voto diventa esercizio del diritto costituzionale di scelta.
É l’unico modo, tranne la rivolta o la rivoluzione, per opporsi a un contesto di rappresentanti minoritario e sfiduciato dal popolo.
Un’astensione consapevole diviene un atto politico a tutto tondo.
Un noto quotidiano titolava : “Votano soltanto i tifosi”. Andrebbero aggiunti parenti, amici, beneficiati. Siamo cioè alla dittatura delle minoranze totalitarie tribalfamiliste.Sia nei quartieri della rappresentanza che nei grovigli di quelli burocratici e con alta densità di nomine amicali.
A tutto questo in verità andrebbe aggiunta una presidenza della Repubblica blasfema rispetto al divieto inespresso (come la mancanza di quorum) della improponibiltà della doppia o tripla elezione.
Un sistema così screditato ha vissuto una nuova discesa nella scala per gli inferi.
È risultato che il calo dei movimenti più protestatari, ormai più per fama che per oggettività al presente, non si è riversato sui partiti viciniori ma si è rifugiato nell’esercizio del non voto.
È risultato anche che il conclamato successo percentuale del PD si risolve in termini assoluti in una diminuzione di consensi (-81.329) e che l’abbandono degli elettori di Fratelli d’Italia non è contenuto ma ha la facies di un esodo (-266.843) senza transumanza in altri pascoli.
La postdemocrazia sembra essere la dominatrice, se la fisiologia delle cose del mondo non interverrà a costituire un afflato costruens al non-voto maggioritario.
Mai come adesso ognuno sarà artefice della propria fortuna.
Senza dimenticare che l’uomo in un mondo civile non vive di Pil, che il governo delle minoranze usurpatrici e dell’economia bada alle posizioni e alle rendite proprie e al profitto di banche e multinazionali, mentre il vero governo delle maggioranze consapevoli è sovrano, padrone del suo destino con al centro i diritti e i doveri dei cittadini, dagli ultimi ai più fortunati.