In tempi di grandi rivolgimenti, dove il dritto diventa il rovescio e il gioco è quello del tutto va, ci sono due regole auree : una vale per tutti e cioé non affidarsi ai cd esperti, ai maestri del pensiero, ai media e ragionare in proprio.

L’altra c’è per chi ha il mestolo in mano e é non seguire i flussi  e esprimere spirito d’iniziativa per trarre il massimo profitto dal sommovimento generale.

Nell’autunno del 1917 esplose la più grande disfatta di tutte le guerre per l’esercito italiano. Da nord di Gorizia uno tsunami con epicentro a Kobarid un villaggio oggi sloveno, noto nella nostra storia come Caporetto, si riversò sui soldati italiani e li travolse impotenti fino al Piave. 

Gli stati maggiori e gli esperti facevano previsioni sballate e la stampa  titolava ‘ resistenza eroica’, poi ‘ritirata ordinata nessun panico’, ‘l’eroismo dei nostri soldati non si piega”.

Una mattina come se giornalisti a digiuno di tutto fossero scesi da Marte e avessero preso il pallino, fu scritto “Caporetto una tragedia senza precedenti. Sconfitta storica”.

Un esempio lontano, per non suscitare inutili polemiche, paradigmatico dei comportamenti ignari e casuali, più che inconsulti, di chi nelle svolte topiche dovrebbe tracciare il segno per tutti, e invece spara a casaccio confondendo aerei per uccelli, orsi per lepri, canguri per talponi. E soprattutto tenta di salvare il contesto in cui si muove, illudendosi che descriverlo come piace corrisponda a farlo esistere come nelle parole espresse.

Trascorrono i decenni, anzi  i secoli e la storia è sempre la stessa.

“Tragedia dazi Trump” “Economia europea allo sbando “. Anzi no ‘Trump ritarda i dazi’ ,’L’Italia tratta.” .Anzi no ” Guerra dazi Trump continua, Cina nel mirino Europa nei guai’.’ Ritirata di Trump’. Anzi no.’Meloni tratterà per l’Europa’ ‘L’Europa negozierà da sola’. ‘Borsa giù’ ‘ Borsa su’. Ogni minuto un treno, una notizia che sembra definitiva e opposta all’altra. 

In realtà costoro non hanno idea di cosa accada nè del significato delle mosse del musktrumpismo e si spara a vanvera nella speranza e nella pretesa di conservare lo ius decidendi su di una opinione pubblica in confusione.

C’è qualcuno che rispolvera la teoria della follia al potere. Come Hitler, come Stalin o Pol Pot. Così saremmo in mano a un Nerone cantore di se stesso in una Gaza onirica tipo Cote d’Azur, con il mondo che affoga in un gorgo di antidemocratica follia.

Nessuno che confessi che non ci ha capito un cavolo.

Che il gioco sparigliato dal presidente eletto dagli statunitensi con la  realizzazione puntuale di quanto promesso li abbia colti tutti stupefatti e di sorpresa, dimostra che siamo in mano a dilettanti, penosamente abbarbicati a posizioni obsolete e di privilegio immeritato senza una bussola un’idea che non sia men che risibile e tesa a salvare le terga.

Trump vuole America great again, a qualsiasi costo, travolgendo i finanziaristi che definisce criminali, gangster e di tutto un po’. Manda il dollaro e le Borse su e giù in un giro di montagne russe che i furbetti della speculazioni non dimenticheranno facilmente. Trump vuole riscuotere e non più pagare, vuole che la middle e la worker class, ma anche il suo inner circle diventino più ricchi e potenti. Trump  manda a monte e fa dei futures quello che sono, cioè carta straccia e vuole trattare con partner suoi pari capaci come lui di guidare le danze (impagabile il tango con la Cina) e vuole lasciare i ragazzi a giocare coi soldatini che ancora neppure ci sono.

Ecco perchè i sedicenti destrorsi nostrani filoTrump, gregarizzati come d’uso, non seguono un duce alla riscossa ma un nemico del nostro interesse nazionale, la cui affermazione non passa certo dal ciclone sovranista figlio della cultura vincitrice delle guerre indiane  e delle nuove frontiere dove il più forte è anche il migliore. 

Nè sono in posizione ideale neppure gli altri privi di uno spicciolo di proposta che forse inchioderebbe un premier troppo equilibrista e come è suo marchio, situazionista.

Costoro invece restano avvinghiati come da istruzioni a un sodalizio di banchieri e paggi inetto pretenzioso e soprattutto incapace di districare la matassa, vocato allo strozzinaggio istituzionale, non alle scelte poltiche, ente che è sempre più il clone della zanzara della storiella, quella convinta di poter  non soltanto concupire  l’elefantessa presso le cui terga ha preso dimora, ma di essere capace di penetrarla e di procurarle un piacere indicibile.

In questo snodo di così grande peso specifico, personalità  che possedessero le forse troppo millantate virtù di coraggio, patriottismo, sfida all’innovazione avrebbe dei bellissimi assi da giocare per cambiare in bonis il futuro del suo popolo.

Invece ci si pavoneggia con un viaggio della speranza .

Ma Washington non è Lourdes