Parlare sulla scomparsa del Papa potrebbe sembrare come portare vasi a Samo.
Diverso se si guardano i particolari.
‘Chi non presta attenzione ai dettagli è costretto a rimanere impigliato nella banale superficie’ diceva un saggio .
È comprensibile la copertura mediatica dell’evento, poichè il decesso del capo dell’unica religione monoteista strutturata come chiesa, che ha un capo, uno stato e miliardi di adepti è una notizia che merita il massimo.
Quello che è taciuto è il particolare dell’estrema banalità dei contenuti, l’eguaglianza dei commenti, curiosità e osservazioni e dello stereotipo agiografico. Persino dei ‘personaggi ‘ scovati qua e là che abbiano una qualche attinenza anche fugace o di terza o quarta mano col defunto.
C’è l’altro particolare del contorno di biascichii di un politicume di cattivo gusto che ha un sentore di pasto animale: ciascuno prende un pezzetto del cadavere sacro, lo divora come boccone suo e nel contempo rutta offese e sputa veleno sul concorrente, che compie esattamente lo stesso rito.
Ulteriore prova, come scrive l’editorialista de La Stampa Mattia Feltri che questi rappresentanti della democrazia elettiva “Non sono strutturati, non seguono un pensiero, non hanno un’idea del mondo, e così vanno dove li porta il vento, quello che soffia nei social o nei talk o in Vaticano, nella speranza di essere sospinti poiché non sanno avanzare.”
Si può pure dissentire dal penta lutto nazionale. Smodato nei tempi e forse con un retrogusto di dispetto infantile.
Uno stato laico non dovrebbe cadere in questi tranelli, che ne depotenziano lo spessore e la difesa dei principî fondanti.
Si deve dissentire dal dettaglio della sciocchezza sesquipedale del governo nell’ordinare la ‘sobrietà ‘ conseguente al lutto nazionale, delle manifestazioni della ricorrenza del 25 aprile.
Sobrietà non ha un perimetro definito nel linguaggio giuridico, se non lo scrimine fra sobrietà e ebbrezza in tema di assunzione di alcolici.
Così sì è a tutti i venti e si potenzia il ventre tutt’altro che molle di un segmento di paese fra i più discutibili : ogni questore ogni prefetto o sindaco può autodeterminare il confine fra ‘sobrietà’ e eccesso.
Così è accaduto che numerosi eventi siano stati cancellati sulle cervellotiche valutazioni di quelle autorità.
‘La sobrietà’ è ‘ disposta’ dal governo, perciò ORDINATA.
In uno stato liberale, è di regola consentito quello che non è espressamente vietato, non viceversa.
Qui Musumeci e c. sottovalutando forse il valore di certi principî, senza pudore ‘CONSENTONO manifestazioni ‘ e non fiere paesane, ma le celebrazioni della data più valorizzata della repubblica democratica.
In questo infortunio basico sono inciampati sia chi CONSENTE impunemente, sia chi non ha protestato negligentemente che si scegliesse il metodo illiberale del ‘permettere’ ‘ consentire’ giusta la benevolenza discrezionale del corpo politico amministrativo governante.
Il risvolto macroscopico di questa vicenda colto solo da pochissimi e di sfuggita, tanto è il timore di incrinare il totem, è la immotivata suvvalenza delle ragioni dello Repubblica e dei suoi valori alle presunte esigenze di un potere discrezionale da stato teocratico e assoluto.
Non c’è religione di Stato, abolita dai patti craxiani del 1984 e in Italia, oltre i non credenti e gli agnostici, che sono in concreto il 75% della popolazione, vi sono circa 3milioni di cittadini di diverse credenze.
Mentre c’è la totalità del popolo italiano che ha il diritto a manifestare entro i limiti costituzionali dell’ordine pubblico e di festeggiare la sua laica ricorrenza.
Al di là di ogni fraintendimento: non sono un fanatico del 25 aprile e dei suoi reali significati espressi e presupposti.
La mia opinione in merito, sempre dichiarata, è sovrapponibile a quella del prof Roberto Vivarelli (1929/2014) già direttore del museo della Resistenza e docente di storia contemporanea alla Normale di Pisa. Come ben spiega anche nel suo ‘ La fine di una stagione’ ed. il Mulino, l’antifascismo è ben altro e ben di più come vocazione demo-antitotalitaria di quella data densa anche di problematiche lontane dai valori che una stereotipata narrazione vorrebbero in toto lì incarnati e scolpiti.
In quella data non proprio sobria di per sé, anche se riempita a dismisura di significati hinc et inde, si sono finite per riconoscere anche istanze e azioni più prossime a chi si voleva dannare rispetto a chi si sarebbe voluto osannare.
Tutto questo non sottoespone il diritto a manifestare come meglio si crede, assumendosene le responsabiltà e rivendicandone modalità e espressioni.
Di manifestazioni sobrie si conoscono solo i funerali e le luttuose ricorrenze.