Le monarchie europee, divenute repubbliche, vollero una figura sostitutiva del sovrano. C’era la volontà di conservare un’istituzione senza poteri di governo, super partes, che rappresentasse l’unità nazionale. Il Presidente della Repubblica Italiana è dotato dei poteri e delle funzioni di un monarca costituzionale. Rappresenta l’unità nazionale, firma, promulga, a similitudine di un re. L’analogia fu anche nelle forme. Stessa sede, da reggia a residenza del presidente, stesse formalità, da corazzieri del re a corazzieri della repubblica, stessi possedimenti. Persino le prerogative sono in fotocopia, come la concessione della grazia ai condannati e la facoltà di nominare senatori a vita. Con la crisi del sistema dei partiti, la figura del Presidente della Repubblica fu considerata diversamente spendibile. Presidenzialismo, elezione diretta, semipresidenzialismo. Molti scontri, nessuna soluzione. I presidenti da estranei ai giochi della politica, ne risultano sempre più coinvolti, decisori di vita e morte di maggioranze, uomini politici, coalizioni. Con le manchevolezze del sistema dei partitili protagonismo presidenziale è aumentato sino a diventare primattore degli snodi politici. Da arbitro, a croupier che tiene banco e se la gioca.
Il riposizionamento della carica nell’alveo originario sarebbe difficilmente realizzabile, anacronistico e inutile. La memoria della monarchia è quasi scomparsa e il ricordo della sua funzione di rappresentanza istituzionale svanito. La Repubblica oggi necessita di rispetto delle regole , di chiarezza e semplificazione ,piu’che di una sorta di tutore super partes ,che ha dimostrato di diventare per merito suo e demerito altrui e anche per il naturale corso delle cose ,figura decisiva intra partes, causa di itinerari nebulosi ,piu’ che di limpidi percorsi.Un profilo cosi’,appare distonico rispetto ad una societa’proclive al fare, alla semplificazione ,alla concretezza, alla chiarezza ,all’abbandono di riti e consuetudini occasione di affermazione della cultura del Palazzo ,raramente amica di quella dei cittadini e dei loro rappresentanti eletti, del buon senso e della ragionevolezza. Il tentativo di fissare con norme idonee anche nel testo costituzionale le intromissioni ormai abituali della prima carica della Stato appare pericoloso. Si finirebbe per formalizzare poteri impropri ma già esercitati e acquisiti nella Costituzione materiale, blindando il peso politico del Capo dello Stato, che a quel punto diverrebbe una sorta di dictator reipublicae , anteposto alle Camere, all’esecutivo, alla sovranità del popolo. Un monstrum istituzionale, capace di diventare un concreto pericolo per l’equilibrio dei poteri e la tenuta del sistema. La carica ha esaurito la sua funzione di intermediazione storica fra monarchia e repubblica, non è contenibile nella sua funzione di garante dell’unità e super partes, non ne va formalizzata la funzione esercitata con poteri significativi di intervento. Pare poco plausibile attardarci ancora nelle dispute sull’istituzione di una repubblica presidenziale o semipresidenziale. L’ipotesi di una semplificazione del sistema, l’eliminazione di un equivoco storico ed istituzionale depongono per l’abolizione della Presidenza della Repubblica, delle sue forme e dei suoi riti, non più spendibile nella sua concezione originaria e che lascia più che perplessi nell’attuale dimensione.