Arrigo Sacchi, allenatore del Milan dell’epopea pallonara berlusconiana, diceva che “il calcio è la cosa più importante, tra le cose meno importanti”. È appurato che se un Governo vuol fare una marachella, sovente lo fa d’estate, meglio ancora se gioca la Nazionale. L’ascendente che ha questa ormai degradata arte chiamata gioco del calcio sugli italiani si è palesata anche in pieno Coronavirus. Mentre gli italiani cadevano a migliaia sotto la scure di un virus tremendo quanto sconosciuto e il governo si barcamenava fra finalità incerte e mezzi inadeguati, nello spettacolo che ci veniva offerto in tv tra talk show e Bagaglini rivisitati in salsa medica (tutta roba sufficiente per una rivolta delle coscienze immediata) c’erano anche dibattiti accesi sulla sorte del campionato di serie A. In un paese impoverito dove tutto si è fermato, in questo caso però the show must go one perché così vogliono le televisioni, gli sponsor, l’indotto da centinaia di miliardi. Riconosco che nel calcio non ci sono solamente i Messi e i Cristiano Ronaldo con paghe da capogiro ma anche tutta una serie di categorie che è giusto tutelare. E se la discussione vertesse su questo potrei anche capirla. Ma qui stiamo parlando di finire per garantire una presunta “regolarità del campionato”, per “sapere chi retrocede e chi no”, per “assegnare lo scudetto secondo un preciso criterio” etc…etc…Vorrebbero accreditare che mentre il mondo casca a pezzi ci si debba preoccupare di accaparrarsi un campionato di cartone per la ‘tranquillità dei tifosi’, e per il bene dello sport. In realtà ci sono da preservare gli equilibri del circo mediatico, i miliardi di euro che girano nel mercato e assicurano a tutti il proprio discutibile profitto, la serenità delle tasche dei presidenti. Lo spartito è sempre lo stesso: si bombarda la Libia per la vittoria della democrazia, ma sotto c’è la partita del petrolio. Si insiste sulla ripresa per lo sport, mentre sotto c’è denaro e business. Spesso mi chiedo che cosa pensi del mio paese, a maggior ragione in questo periodo. Ritengo abbia in potenza tutto per risalire la china ma in atto non riesca a farlo imbrigliato com’è nelle sue ipocrisie, nei suoi riti bizantini, le sue camarille, le sue conventicole, le pacche sulle spalle, il suo arrangiarsi spesso in maniera al limite del lecito, con alla guida una casta di burocrati e funzionari che spengono qualsiasi iniziativa possibile. E allora cosa resta? Pensate ai film di Fantozzi. L’unico svago possibile, l’unica meta cui tendere settimanalmente per l’italiano tipo, vessato dalle tasse e dai problemi, era la partita sul divano divano con annessa frittata di cipolle e birra ghiacciata. Ecco, penso che questa metafora, molto prosaica, sia l’emblema di quello che è il calcio oggi: un grande ammortizzatore delle coscienze, nient’altro che quello che furono i “circenses” per i latini. E sin qui nulla di nuovo sotto il sole. Soltanto che al popolo di Roma insieme ai giochi garantivano ‘panem‘. E qui le cose potrebbero cambiare.