Circa le esternazioni di Mattarella sulla magistratura e i fondi europei, quasi tutti i commentatori si sono soffermati sulle parole ‘di fuoco’ contro magistrati e Csm e sull’intervento compiuto per l’accettazione dei fondi europei post Covid. Ai magistrati ha detto delle loro magagne anche etiche, dei comportamenti disonorevoli, dei difetti del loro sindacato e delle insufficienze dell’organo di autogoverno. Nel contempo il presidente si è richiamato” al rispetto rigoroso delle regole della Costituzione”. Ha detto: ”Si odono… esortazioni, rivolte al Presidente della Repubblica, perché assuma questa o quell’altra iniziativa ..In questo modo si incoraggia una lettura della figura e delle funzioni del Presidente difforme da quanto previsto e indicato, con chiarezza, dalla Costituzione. Ho ritenuto, e ritengo, di avere il dovere di non pretendere di ampliare la sfera dei poteri costituzionali del presidente.”
Nella stessa giornata il presidente della repubblica riceveva ‘in modo e in tempi insoliti’ il presidente del consiglio, in vista dell’incontro europeo sui fondi Covid. Lo invitava ad accettarli, ad attivarsi in quella direzione, a adottare gli impegni e le garanzie che sarebbero stati richiesti, Lo esortava a” non ritardare in alcun modo questo passaggio per le liti interne alla maggioranza”.
Il presidente secondo la Carta, che intende strettamente osservare, ‘rappresenta l’unità nazionale’. Non altro. Non indirizza l’azione di governo, né sceglie le linee politiche, né preme su temi di impegno politico o finanziario, in ispecie in una materia dove le divisioni nel paese sono corpose e legittime. Nel caso dei fondi europei invece egli preme, indirizza, convoca d’urgenza il capo dell’esecutivo e, secondo la grande stampa, garantisce ai partner europei che il paese assolverà tutti gli impegni che l’UE richiederà’. Nel caso magistratura invece si chiude nei confini letterali della Carta e non va oltre. Due scelte espresse nel giro di poche ore che sembrano contraddittorie. Non è tanto la contraddizione in sé che allarma, quanto le conseguenze che essa comporta. Si passa dal rischio di una figura che sembra poter incarnare una sorta di superpotere, esercitabile sulla scorta di valutazioni politiche del presidente di turno, all’immagine un po’ obsoleta di una rappresentanza priva di strumenti efficaci. O al rischio ben maggiore, che le due facce della carica vengano esercitate a seconda delle opportunità’. Un elemento pensato come un perno di stabilità e garanzia diventa momento di instabilità istituzionale, libero di contraddirsi ad ogni battere di ciglia, capace di condizionare l’esecutivo, penalizzare le funzioni parlamentari private per l’occasione del loro diritto di voto.
Preoccupa che fra media, politici, talk show nessuno -che si sappia -ha sottolineato questo aspetto, che si aggiunge alle numerose perplessità che pervadono lo scenario istituzionale e rafforza la richiesta di chi vorrebbe fra le riforme urgenti, l’abolizione della presidenza della repubblica.