Negli anni 70, il malessere dell’elettorato verso la d.c. aveva dalla sua, la penna di Montanelli, il quale tuttavia invitava i suoi lettori a “turarsi il naso “e continuare a votarla. Era la legittimazione del voto al meno peggio, compagno del voto contro. Conta vincere le elezioni e sconfiggere i ‘nemici ‘anche se la qualità della scelta non corrisponde ai requisiti minimi di accettabilità’. Al successo alle urne segue il niente programmatico il caos organizzativo, ma i barbari sono sconfitti e fuori le mura. Peppino Calderisi, esperto parlamentare, mio vicino di seggio alla Camera per 5 lunghi anni, soprannominato da Fini, l’uomo chiamato cavillo, per la sua puntigliosità istituzionale, raccontava un aneddoto. Nel 1994, vinte le elezioni, B. riunì i parlamentari e disse loro “abbiamo vinto le elezioni. Abbiamo fatto l’80% del lavoro. Ora ci aspetta la parte più semplice, il 20% della fatica: governare”. Peppino, si alzò disse ‘presidente, guardi che se non inverte quelle percentuali, andiamo a sbattere molto alla svelta ‘Fu tacitato dai buu e dagli epiteti. Il morbo del meno peggio ‘e del voto contro’ ha attanagliato anche la sinistra. I risultati li vediamo nella qualità dei progetti e della classe dirigente superstite e delle scelte un po’avventurose compiute. Per un popolo avvezzo al meno peggio e al voto contro, finisce per andare bene tutto, le promesse mirabolanti, una classe dirigente nel complesso di infima qualità, genuflessa ai capi e ai maghi della comunicazione, candidati a cariche importanti imbarazzanti, progetti zero, il sostantivo ‘strategie ’eliminato dal lessico. A forza di voti di questo tipo la dc, vittoriosa per sbarrare la porta del potere ai comunisti, finì per governare con loro. Dal meno peggio al peggio del peggio. Al tempo della seconda repubblica si aprirono le porte a Monti, e di meno peggio in meno peggio ci fu il trionfo del mov5st e in termini istituzionali e si naufragò nel peggio del peggio. Adesso siamo in un piano inclinato e si vede il baratro. Ci saranno fra un po’ elezioni regionali e comunali. La proposta unanime è votare il ‘meno peggio‘ per far fuori chi governa o per far fuori le arroganze degli altri. I protagonisti sanno bene che nessuno fara’ fuori nessuno. Il sistema attende di consegnarsi a Mario Draghi e c sia dall’una che dall’altra parte. Come in una sorta di epilogo nel quale tutti contano di salvare la pelle, trascurando gli effetti sui cittadini spettatori, si continua con una certa dose di ipocrisia ad incitare al voto al ‘meno peggio ‘e al ‘voto contro’
Lenin avrebbe detto ‘Che fare?’. C’è da preservare la dignità personale di ciascuno, la sacralità del voto, il rispetto delle istituzioni. Doverosa diventa la non partecipazione al rito elettorale ,la non adesione a una commedia mal recitata, senza futuro e senza strategia , retta più che da un serio copione ,da battute e spot di pessimo conio, ad uso di cittadini , sempre meno cittadini e sempre più utenti, consumatori, sondaggiati, elettori. Un basta responsabile e significativo a cerimonie attente all’interesse di bottega e ansiose soltanto di sbarcare il lunario fino all’intervento che tutti o molti criticheranno ,ma che tutti attendono con impazienza .Votare suonerebbe assoluzione, rinuncia ad una rivolta ideale doverosa ,base per riavvolgere il filo e poter dire quel che disse Enzo Tortora , dopo il martirio giudiziario , riprendendo la sua trasmissione televisiva “Italiani, dove eravamo rimasti?’