Le risorse del recovery fund saranno erogate :1) in 4 rate dal 2021 al 2024. 2) soltanto a rimborso di quanto speso per le riforme richieste dall’UE 3) solo a obbiettivi raggiunti. La generalità dei politici e commentatori trascurano queste circostanze e la nomina di una specie di commissario ad acta, una signora tedesca, che ci seguirà passo passo. Le risorse non saranno concesse con l’allegria di un babbo natale elargitore, cosicché’ si evoca a sproposito, anche in alte sfere, il pericolo di ‘ assalto alla diligenza ‘ o di progetti autonomi da finanziare. Evenienze impossibili. Evidentemente esiste l’ulteriore problema di una classe dirigente superficiale, incolta, priva dei requisiti minimi per ricoprire le cariche occupate. Rarissimi coloro che si sono resi conto che le riforme richieste non sono selezionate dagli organi nazionali e valutate utili all’ Italia, ma sono quelle che l’UE ritiene indispensabili per omogeneizzare l’Italia alle dinamiche economiche ed organizzative dell’UE. Pertanto le risorse arriveranno se arriveranno fuori tempo massimo e per essere impiegate per interventi utili ad altri (UE). C’è chi, onesto intellettualmente, pur appartenendo al mainstream, riconosce che la circostanza è vera, ma che alcune di queste riforme sono ‘utili’,’ come la digitalizzazione’. Si rivendica una coincidenza d’interesse casuale, non strutturale. Ci sarebbero invece riforme utili all’ Italia , a costo zero o con cospicue sacche di risparmio di spesa pubblica che nessuno nomina: 1) abolizione prefetture ( -10 miliardi annui) e recupero personale per le Questure. 2)legge bancaria di separazione fra banche d’investimento e banche di risparmio. 3)abolizione dei money transfer ( con immediata riduzione della contraffazione del 80% 90%). Riforme immediate e delle quali nessuno ( opposizione compresa ) parla perché’ disturbatrici dei manovratori ( burocrazia e finanza). Interessante è l’elenco che propone il prof Sabino Cassese. Scrive su Corsera in un pezzo che La Vocina commenterà con un articolo ad hoc:” L’ elenco degli interventi necessari ed urgenti è noto: accelerare i pagamenti dell’amministrazione, ridurre il numero delle stazioni appaltanti, abbreviare i tempi delle valutazioni ambientali, non scaricare sui cittadini l’onere di raccogliere da un’amministrazione certificati da esibire a un’altra amministrazione, modificare le norme sul subappalto, e così via. Sono riforme che presentano due paradossi. Non hanno costi, ma ciononostante non si fanno. “Nella sostanza quando si toccano interessi consolidati nulla in realtà si muove, con costi esorbitanti per tutti. Non solo in termini di perdite e impegni economici impellenti, quanto sotto il profilo della perdita del treno del progresso. Il mondo va avanti e l’Italia, rimanendo ferma resta sempre più indietro. La nostra economia è in crisi sin dal 2001 (euro, torri gemelle), accelerò la corsa verso il baratro con la crisi del 2008, subì la mazzata inferta dall’ UE a mezzo Mario Monti nel 2012 e la discesa agli inferi continua aggravata dall’incompetenza dei manovratori e dalla povertà programmatica delle opposizioni. Non ci salveranno i recovery fund, anzi finiranno per condurci nel fondo del baratro con l’assunzione di debito pubblico pesante, tardivo e con creditori esterni. Non così per questa classe dirigente che ne trarrebbe ogni possibile profitto. L’unica civile rivolta per adesso è non avallare lo scempio né legittimarlo con la partecipazione al voto.