Qualche anno fa mi imbattei in una trasmissione radiofonica che trattava di italiani all’estero. Era il tempo dell’austerity e c’era un pizzaiolo italiano con l’esercizio a Colonia. Richiesto di come andassero gli affari rispose: “Il week end molto bene. Le sere degli altri giorni, prima il locale era pieno, ma adesso che il sindaco ha detto ai cittadini di stare a casa durante la settimana e non si vede più nessuno’. Pensai a cosa sarebbe successo se la stessa raccomandazione l’avesse fatta il sindaco di Napoli o quello di Milano e ne dedussi che non a caso i tedeschi erano tedeschi e noi, noi. Poi mi venne in mente la crisi energetica dei primi anni 70 del secolo scorso e mi imposi una correzione a quella riflessione. Si era vietato la circolazione dei veicoli nei giorni festivi in tutta la nazione e la nazione aveva obbedito. C’era la convinzione che fosse giusto così e che si sarebbe dimostrato qualcosa al mondo intero. Era accaduto di nuovo nel lockdown , al tempo dell’”andrà tutto bene”, delle trombe che suonavano nel silenzio spettrale o l’inno nazionale o ‘mia bela madunina’. Al senso civico dimostrato, nonostante un comportamento spesso censurabile di chi ci sorvegliava, fece seguito la verbosità inconcludente, i dpcm senza capo né’ coda, la prova agli occhi della gente che i pastori erano peggiori del gregge. Soluzioni come lo smart working, che per ovviare a un problema ne sollevava quanto meno altri due: cessazione di fatto di un mare di servizi, morte repentina di tutte le attività che vivono intorno agli uffici. Il perenne conflitto fra stato e regioni, fra regioni e regioni. Fra sindaci, fra sindaci e stato, fra sindaci e regioni, condito da un marasma di pareri contrastanti di tecnici, supertecnici, virologi o sedicenti tali. Come se non bastasse ministri contro ministri maggioranza divisa, opposizione senza idee, comunque tagliata fuori. Il cittadino con il portafoglio assottigliato, il sistema nervoso semi collassato, il futuro nero, si fa una domanda: ‘ma l’unico in regola dovrei essere io, per dar retta a questi scappati di casa?’. Il germe del ribellismo prende di nuovo il sopravvento e dilaga come la dipendenza per gli alcolisti che rilevano l’incapacità dei gruppi di sostegno. Scendendo alle cose, la domanda di ciascuno è “può un governo che in 7 mesi, dopo l’esperienza della prima ondata e nella certezza dell’arrivo della seconda non ha fatto nulla se non parlare? Non ha assunto un medico, un paramedico, non ha acquistato e messo in opera un solo posto in terapia intensiva. Non ha acquistato né un treno né un bus, né ha predisposto un sistema accettabile per le diagnosi e i tamponi, nonostante l’auto dichiarato stato di emergenza, i poteri assoluti e le procedure semplificate. Con che faccia possono pensare di rinchiudere nuovamente gli italiani, scaricando sui cittadini le responsabilità’ di una classe dirigente inqualificabile, decretando la fine della comunità nazionale come realtà economica funzionante, aumentando di milioni i poveri assoluti, condannando a morte una civiltà e mandando al camposanto tanti italiani non covid, ma non adeguatamente curati.
La magistratura così interventista in tanti casi spesso a sproposito che aspetta ad incriminarli per epidemia colposa?
Probabile anzi probabilissimo che gli italiani non si faranno rinchiudere, possibile che scoppino focolai di rabbia incontenibile. Possibile, probabile, anzi probabilissimo che nessuno fra i veri responsabile pagherà.
Ma si ripete: con che faccia?