La questione afghana va affrontata per il giusto verso.
Sullo sfondo ci sono le parole di Alan Greenspan ,dopo il suo ritiro dalla guida della Federal Reserve e nel bel mezzo delle ultime elezioni presidenziali americane”Per fortuna negli Stati Uniti,grazie alla globalizzazione le decisioni politiche sono perlopiù sostituite dalle forze di mercato globali.Sicurezza nazionale a parte,chiunque sarà il nuovo presidente non fa più alcuna differenza.Il mondo è retto dalle forze di mercato ‘.
Il concetto è il paradigma della postdemocrazia finanziarista.
Postdemocrazia che si manifesta senza veli nella questione afghana.
Sull’onda di uno sdegno planetario si costruisce un intervento militare in Afghanistan.
Si dà il là a investimenti per industria bellica ,logistica,beni di consumo,fiumi di pubblico denaro che diventa profitto privato fin nelle compagnie che reclutano combattenti a pagamento .
Si allarga il mercato finanziario e i pil si espandono.
Si avvia un contestuale( quanto silenzioso) intervento nel mercato mondiale della droga che fornisce di capitali in gran copia il globalismo mediante investimenti finanziari di ogni tipo.
Prova ne sia che oggi dopo 20 anni di ‘contrasto’l’oppio afghano ha moltiplicato la sua produzione e occupa la fetta più importante di quel mercato.
Arriva il momento che i target sono conseguiti e le spese superano i profitti e i benefici degli investimenti in quello scacchiere.Si abbandona il campo,incuranti di ogni conseguenza .
Il problema diventa uscirne il prima possibile e contenere i costi della dismissione .
Morti,perseguitati,diritti ,gente illusa allo sbando fra la morte fisica e morte civile,sono danni collaterali che non influenzano le decisioni.
Il rapporto con l’Afghanistan non si esaurisce in oriente ,c’è un altro fronte che potrebbe rimanere oggetto di incursioni economiche non gradite.
È l’Europa che potrebbe essere attratta dalle potenze beneficiate dal ritiro americano,Russia e Cina.
Entra in gioco il richiamo della foresta.Quando c’è aria di crisi ,si evocano i valori sacri e la lotta ai nemici storici.
Così la postdemocrazia finanziaria rivitalizza la Nato.
Nella Conferenza nello scorso giugno si ribadisce la ‘vocazione atlantica dell’Europa” e il pericolo costituito da Russia e Cina .
In quell’occasione Biden informa riservatamente gli alleati dell’abbandono repentino dell’Afghanistan prevedendo la presa di Kabul da parte dei talebani in 60 giorni ( poi rivelatesi nei fatti 1O).
Nonostante la rivelazione,il miglior uomo degli americani in Europa conferma che l’Italia ‘si impegna a contribuire ancora alla deterrenza e alle strategie di difesa dell’Alleanza nonché alle operazioni e missioni della Nato “.
La postdemocrazia portava avanti il suo disegno e Draghi -che oggi gesuiticamente piange sui nostri morti ( li chiama ‘eroi’)-si allineò totalmente trascinando con sè gli altri paesi europei.
Con cinismo non comune non predispose tempestivamente neppure alcun tipo di evacuazione di afghani fedeli all’Italia ,che ora rischiano una triste sorte.
Draghi è membro del top set della postdemocrazia mondiale e in quella veste si è preso l’onere di aggiungere un tassello al progetto postdemocratico.
Dichiara che della questione afghana se ne dovrà occupare il G 20 .
Non gli stati sovrani,non l’Unione Europea, non la Nato ,non l’Onu .Tutti relitti del passato,ma il G20 ,cioè l’organismo economico per eccellenza ,che comprende le migliori economie mondiali. Così il consesso principe della postdemocrazia e dell’oligarchia della speculazione assume il ruolo di camera di mediazione politica e di compensazione delle crisi mondiali.
E ora chi era distratto si concentri e si dia delle risposte. Ma non c’è piu’ molto tempo