La maggioranza relativa degli americani (quasi il 40%) riteneva lo stato dell’economia, quale primo fattore per decidere la riconferma di Trump. La percentuale saliva all’80% tra i “latinos”, precari per eccellenza nel sistema americano. Questo, nonostante la pandemia abbia colpito lì, più che altrove. Il dato segnala come in quel paese si sia costretti a preoccuparsi prima di tutto del proprio reddito, anche in funzione della propria salute. La cultura statunitense rifiuta il concetto di ammortizzatore sociale o comunque di “paracadute” statale, limitandosi ad incentivare il rapido reperimento di una nuova fonte di reddito. Quando analoga domanda è stata posta nel nostro paese – prima delle elezioni regionali di settembre – più di un italiano su 2 ha messo la lotta al virus al primo posto. Nemmeno qui c’è da stupirsi: in Italia sono quasi quattro milioni i dipendenti pubblici, sedici milioni i pensionati ed 1 milione circa i sussidiati a vario titolo. Soggetti questi che, forti della certezza della propria rendita garantita dallo Stato, durante il corso della pandemia non hanno mai fatto mistero di ambire ad un lockdown permanente, perché “la salute viene prima di tutto”. Un corpo apparentemente disgregato – socialmente e politicamente – che sta pian piano facendo massa critica, in ciò sospinto dalle iniziative del Governo giallorosso, bisognoso di un corpo sociale di riferimento. I primi risultati già si vedono, col gradimento del governo che, se tocca i minimi storici tra gli autonomi (22%) sale addirittura al 50% nei più di venti milioni di italiani a reddito garantito. Italiani che, da sempre, subiscono il fascino del “posto fisso” – statale o parastatale – oggi in maggioranza indicano questa soluzione come priorità in ambito lavorativo, preferendolo ad attività sì più remunerative, ma altrettanto rischiose. Allo spirito d’iniziativa, viene oggi preferita la sicurezza del reddito. Naturale conseguenza è il progressivo impoverimento di quelle forme di imprenditorialità, piccole e medie, che han fatto le fortune del nostro paese. Una tendenza, questa, che il Governo favorisce sia per cultura, ma anche per tornaconto e per indirizzi geopolitici ormai chiari. E’ accaduto durante il lockdown e si sta ripetendo ora, nell’Italia dei tre colori: mentre alle partite iva si impedisce di produrre ricchezza, negando al contempo sostegni seri (con lo spettro per molti della chiusura), per dipendenti pubblici, pensionati e sussidiati – la parte meno produttiva del paese – tutto rimane invariato. Con l’aggravante, per una fetta rilevante del pubblico impiego, di uno smart working facile a trasformarsi in “NO working”, significando peraltro la completa paralisi per molti pubblici servizi. C’è stato anche chi, non senza coraggio, aveva proposto l’imposizione di un contributo di solidarietà o addirittura la cassa integrazione anche per il pubblico impiego. La risposta dei sindacati è stata una vertenza nazionale per il riconoscimento dei ticket restaurant anche a chi lavorava da casa. Un atto quasi provocatorio in un momento del genere, che in realtà dà la misura di quali siano gli odierni rapporti di forza in questo paese. Soprattutto da quando il Governo, di fatto, lavora per divaricare ulteriormente la frattura sociale già esistente: chi era garantito prima, dopo l’emergenza lo è ancora di più. Mentre chi già lo era poco, oggi lo è ancora di meno. Una scelta con obbiettivi chiari ma scellerata, in quanto finalizzata a devastare la rete di economie e di lavoro sulla quale si regge il “sistema Italia”.