La pressante richiesta di proroga da parte del Governo dello stato di emergenza è l’ultimo atto di una sequela di provvedimenti che dimostra come il cataclisma covid, di dimensioni epocali, abbia spazzato via qualsiasi certezza, non solo dalle scrivanie dei politici ma anche dagli studi medici, le aule universitarie di settore, le colonne dei giornali, come succede a un ammasso di fogli che volano via all’improvviso in modo confuso e irrazionale quando si apre la finestra un pomeriggio di metà autunno e non si sa più come fare a riordinare. Tanto si è scritto e si scriverà sull’impatto che questo virus ha avuto sull’economia, i consumi, la vita democratica del Paese. C’è un altro aspetto, peró, non meno importante: l’urto che il Covid-19 ha avuto sui rapporti sociali, interpersonali, sul fare quotidiano di qualsiasi cittadino investito da questa sciagura. Un dato emerge dirompente: da febbraio scorso esisterà per la storia dell’umanità un pre e un post Covid. Nel post saremo ancora più soli in una società già di per sé improntata all’individualismo, alla solitudine come soddisfacimento dell’ego, a agire per noi a scapito degli altri, dove il senso di comunità è sparito a vantaggio di quello di bottega. Tutto avvenga insomma, basta non dentro il mio giardino. Ognuno di noi è stato segnato da questa pandemia ma non con una cicatrice visibile come fu quella impressa sul braccio dal vaccino contro il vaiolo, a perenne testimonianza di quella pestilenza; ma, mutatis mutandis, si è impresso nella memoria dei sopravvissuti uno stigma invisibile e indelebile. Se l’obbligo di portare le mascherine è ormai diventato un optional, il contatto fisico, lo scambiarsi un bacio, il darsi la mano sono atti che ancora (e chissà per quanto) ci vengono innaturali. E allora è così l’apoteosi del commercio on line, della pay tv, del cinema in streaming, delle chat. Più che asociali siamo diventati un popolo di antisociali. A quando la definitiva scomparsa dell’aggregazione sociale e culturale, dell’agorà come luogo identificativo di una comunità? Ormai lo smart-working e le lezioni scolastiche a distanza sono diventate la norma. Ripartiremo (a settembre?) da un certo modo di approcciarsi agli eventi differente e non sarà senza controindicazioni. Pur senza pensare al complottismo di qualcuno, tuttavia la quarantena ha permesso l’instaurarsi di un regime democratico accentratore che, a colpi di decreti del governo, ha soppresso innumerevoli libertà costituzionalmente garantite. Corollario di tutto questo il cambio di abitudini di vita di un intero popolo. Quasi sempre i governi dirigisti nascono nell’incertezza di una popolazione impaurita ora da profonde crisi economiche e sociali, ora (come nel nostro caso) da crisi sanitarie e di sistema. Che negli uni ci fossero parate militari e una certa prosopopea e negli altri il nodo scorsoio di provvedimenti, formalmente legali, ma decisi sull’onda della crisi e dietro prescrizione dell’Europa poca importa. Spero di sbagliarmi ma se la matematica non è una opinione, cambiando l’ordine dei fattori il risultato non cambia. E non sarà indolore.