Casini, Pier per gli amici, ha elencato ‘gli errori da matita blu ‘di Conte. Ha seguito il vezzo nostrano, di evidenziare le pecche di chi è nella corsia d’uscita o è già precipitato dalla rupe Tarpea. Nessuno, neppure quelle che Pajetta chiamava ‘le destre’, che si sia azzardato a parlare degli errori del Quirinale. Errori apparenti, perché’ in realtà sono tappe di un itinerario pianificato per il trionfo degli scopi reali di tutta questa pantomima.
Parlo dell’abc presidenziale. Attesa la situazione del paese, il ‘ non c’è un minuto da perdere’, di fronte al dato che la maggioranza di governo era venuta meno con il ritiro della delegazione di una forza che la componeva, la cosa da fare era una. Convocare il presidente del Consiglio e fargli valutare l’opportunità di rimettere l’incarico, essendo venuto meno il quadro di riferimento. Non lo fece. Preferì che cuocesse nel suo brodo e lo ricevette su sua richiesta tempo dopo e lo ascolto’. In politica c’ è un passaggio che solo i neofiti ignorano: quando c’è un ostacolo che vedi e che danneggerebbe qualcuno non gli dici niente. Lo fai cadere nella trappola, poi semmai fai finta di aiutarlo a venirne fuori. L’arbitro è un politico consumato. Conte no. Appare più avvezzo ai mega sistemi, neofita un po’presuntuoso e distratto per le lusinghe, le apologie, gli effluvi stordenti del potere. L’arbitro ha lasciato che il ” quasi giurista” -come lo definisce una brillante penna-andasse verso una vittoria di Pirro, che costui sicuramente festeggiò a champagne con il socio d’avventura Casalino. L’arbitro non evitò che andasse in scena una delle peggiori sciarade parlamentari, vergogna per ogni italiano. Causò lo scempio e altra perdita di tempo. Per agire al meglio pareva giusto rappresentare a Conte l’opportunità di rimettere subito il mandato. Un paese allo stremo non può essere guidato neppure un minuto da un governo in minoranza. Tantomeno reduce da una Waterloo etica e valoriale, con il marchio caratterizzante ‘Ciampolillo’. Niente. L’arbitro tace. Lascia che si dia luogo a un maldestro tentativo di lusingare, promettere, incentivare accasamenti in un gruppo in formazione che garantisca a Conte la maggioranza camerale. L’arbitro tace ancora e Conte e Casalino sbattono in un muro di no. Segue il balletto di Conte ‘me ne vo non me ne vo’ con accompagnamento di ‘mi volete fregare o no? ‘L’arbitro sempre muto in attesa del transito dinanzi a lui di un Conte semi cadavere. Che liquida in un colloquio di mezzora. Il tempo perduto avrebbe richiesto consultazioni rapide e subito la decisione: O Conte o un altro del neo possibile maggioranza o personalità per governo tecnico o elezioni anticipate. Invece l’arbitro diluisce artificiosamente i tempi delle consultazioni. Altro tempo perduto per la gioia degli strateghi vicini e lontani. Adesso Conte ha tutto il tempo per tentare e finire la sua ingloriosa parentesi politica. Sarà grato al suo giustiziere, non Renzi, Mattarella, per avergli concesso ogni chance, ma non per vivere ma per morire ingloriosamente. Sia che riesca in un Conte ter pronto a sbattere di nuovo, sia che non ci riesca. Dopo questa figuretta la strada è spianata alla post democrazia e ai tecnici, a uomini e donne del deep state. Come l’arbitro pare desiderare da tempo. Talvolta mi viene in mente Byron Moreno, fischietto che condannò l’Italia del pallone a un’immeritata eliminazione dai mondiali L’archetipo dell’arbitro venduto. Mai come in questi giorni penso che se nel calcio l’arbitro è indispensabile, nelle istituzioni nazionali non lo è e sarebbe meglio abolirlo. La partita ne guadagnerebbe.