Nel novembre del 2021 uscì in contemporanea mondiale il romanzo di Ken Follet ‘ Never’ ( Mai), titolo italiano ‘Per niente al mondo’. Titolo meno incisivo dell’apodittico titolo originale che è quasi da brivido.
In realtà i brividi vengono se si legge il manoscritto. La storia prende le mosse da un attentato con un ordigno americano utilizzato da un gruppo di terroristi che ingenera l’equivoco di un’aggressione americana contro i cinesi, di scalino in scalino, gli eventi prendono una via ineluttabile e incontrollabile verso una guerra mondiale nucleare.
Sembra di ritrovarsi in mezzo a una sorta di premonizione, una specie di visione dell’artista, che preannuncia la realtà e il futuro prossimo del pianeta.
Tre mesi dopo scoppiava la guerra russo- ucraina che si aggrava ogni giorno da un anno a questa parte.
L’uomo raramente si avvede che il futuro non riserva mai i percorsi progettati. Nè per i singoli nè per i popoli.
Una guerra-lampo che avrebbe dovuto durare pochi mesi e rimanere circoscritta coinvolse per 6 anni il mondo intero.
Così Putin, come spiega amabilmente l’amico Silvio Berlusconi, pensava di cavarsela in una settimana.
Tantomeno l’illusione di poter tenere sottocontrollo l’incendio è fondata. Basta pensare quante guerre sono diventate un rogo fuori controllo, anche se iniziate per limitate rivendicazioni territoriali. Senza discostarsi dall’esempio, le pretese territoriali tedesche su Danzica portarono alla seconda guerra mondiale.
O un incidente che pare isolato e periferico può fare lo stesso effetto, come l’attentato di Sarajevo per la prima guerra mondiale.
Ken Follet parte da un fatto isolato nel Sahara e arriva ai missili nucleari nei cieli del mondo.
Siamo dentro questo loop e non ce ne stiamo accorgendo.
Hanno un bel dire gli amici dell’Ucraina che c’è stata un’invasione proditoria, una zampata dell’orso per uccidere il daino indifeso. Che ci sono aggrediti e aggressori, che c’è chi ha ragione e chi torto. Tutto vero, o quasi.
Ma a queste dichiarazioni è necessario far seguire la consapevolezza che stiamo dentro un conflitto che di step in step ci coinvolge come paese e come popolo.
Che alla stregua del romanzo di Ken Follet la macchia si allarga in modo incontrollabile, che presto gli eventi guideranno gli uomini e non viceversa.
Lasciano perplessi le prese di posizione ‘senza se e senza ma’ di responsabili della vita di centinaia di milioni di esseri umani. Sembrano non rendersi conto del precipizio che lentamente ma inesorabilmente si sta avvicinando.
Prima il denaro poi le armi. Dai congegni difensivi agli strumenti offensivi. Prima leggeri poi pesanti. Per ora di terra, ma presto vedremo aerei in volo e navi in mare.
Siamo già in guerra e facciamo finta che non sia così.
Se certo non è possibile parteggiare per gli invasori, tuttavia senza unirsi agli sbandieratori di giornata, si potrebbe lavorare con l’impegno che si mette nel tifo per tentare di persuadere la potenza padrona dei nostri destini a darsi una calmata.
Danni ne sono stati fatti tanti, che le multinazionali hanno già pane per decenni. Lo stesso per le armi. Gli arsenali sono vuoti, sarà già un buon affare riempirli.
La Russia è già ridimensionata e circondata a sufficienza. Zelensky è saldo più che mai. Biden e la finanza internazionale potrebbero iniziare un percorso verso l’accordo che Putin ( già sufficientemente provato ) forse sarebbe disponibile a negoziare. Sarebbe sufficiente trovare un modo per salvargli la faccia.
L’Europa tutta tirerebbe un sospiro di sollievo anzichè immeserirsi ogni giorno di più e rischiare una guerra.
I servi sciocchi hinc et inde potrebbero tacere e forse Ken Follet sarebbe smentito. Forse.