La politica è un po’ come il calcio, è lei a sceglierti come la squadra del cuore la cui maglia, una volta indossata, ti accompagna fino alla fine. L’arte più antica del mondo ti entra dentro, ti assorbe e per quanto uno se ne voglia liberare deve sempre arrendersi alla consapevolezza che è impossibile dimettersi dalle passioni le quali vincono su ogni razionalità.
Ho sempre pensato, inoltre, che la politica non sia roba da mangiare ma una cosa serissima che vada studiata oltre che capita. Bisogna batterci la testa, mettere in conto delusioni e tradimenti un po’ come con le belle donne. Tuttavia, dopo quasi vent’anni che in questo mondo cerco di navigarci tenendo la barra dritta ora alzo le mani e mi arrendo. Mi arrendo perché nella politica nostrana vi sono ragioni che la ragione (almeno la mia) non capisce, parafrasando un celebre filosofo.
Abbiamo ceduto tutta la poca sovranità che ci rimaneva a chi ne ha fatto, tra gli osanna e i peana generali, carne da macello. Ci siamo venduti e svenduti a chi ci ha comprato per poi rivenderci per trenta denari. Abbiamo abdicato al nostro ruolo di controllori lasciando la gestione della cosa pubblica a freddi necrofori chiamati alla bisogna per sezionare e spartirsi quel che rimaneva del cadavere del Paese. Non abbiamo mosso un dito davanti alla sospensione di tutte le libertà costituzionali, in primis quella di sceglierci i governanti, ora in nome dello spread ora in nome della pandemia come se la democrazia si potesse mettere in soffitta a seconda della temperie del momento.
Abbiamo accolto come liberatori chi prometteva di vaccinarci con le primule e mentre il dibattito stantio e tristanzuolo sulle guerre interne di questo o quel partito scorreva nel corso delle vicende italiche il Regno Unito metteva in salvo già oltre il 50% della propria popolazione, arrivando a vaccinare in un giorno un numero di persone eguali a tutti gli abitanti della Toscana. Ma anziché prenderne spunto abbiamo detto che sono egoisti. Ma c’è Draghi e si sa finché c’è Draghi c’è speranza. Ma dopo vent’anni di caudilli, arruffapopoli, professori e supertecnici non abbiamo ancora capito la regola aurea, non della politica, ma della vita: o ci salviamo da soli o nessun Nazareno, unto dal Signore, verrà a toglierci le castagne dal fuoco.
Non abbiamo mosso e non muoveremo un dito perché gli italiani, tutti, siamo fatti così: il centro dell’universo per noi non oltrepassa la siepe del nostro giardino. Ma quando saremo tutti definitivamente poveri, i nostri risparmi saranno azzerati, il tessuto economico e sociale desertificato, le banche e la finanza internazionale si saranno prese quel che resta delle nostre vite dando fiato al disegno conclusivo di chi ha voluto l’irreversibilità dell’euro e delle sue istituzioni non si dica che nessuno lo aveva detto. Ma sarà una magra consolazione perché a quel punto, come si dice dalle nostre parti: la carrozza sarà andata e il Papa già a Roma.