Se a Roma uscendo dalla Camera dei Deputati scendeste per via Uffici del Vicario trovereste infissa nella facciata del Palazzo dei Gruppi una lapide commemorativa dedicata a Altiero Spinelli padre indiscusso con Ernesto Rossi dell’idea primigenia di un’Europa ‘ libera e unita in uno stato federale’.

Mentre  Altiero Spinelli è il padre più commemorato(e più tradito), le motivazioni profonde  di quell’idea sbocciata a Ventotene fra antifascisti al confino, sono spesso trascurate.

Costoro auspicavano un’Europa unita che liberasse le classi più povere dal giogo dei ceti detentori del potere finanziario e dei mezzi di produzione, decisori di tutto  comprese le guerre.

Classi dominanti espressione degli Stati che  rappresentavano  il nazionalismo più  elitario e guerrafondaio.

Da qui la visione di un’Europa antidoto delle potenzialità scioviniste prevaricanti e distruttrici.

L’imputato maggiore era il desiderio di egemonia pangermanica che già aveva causato la guerra franco-tedesca del 1870, i conflitti mondiali 1914/ 18 e 1939/ 45 ( all’epoca ancora in corso).

Una bomba a orologeria da disinnescare nell’unità continentale.

L’uomo propone, il destino dispone.  

L’Europa non è niente di quello immaginato dai confinati. E, quasi beffardamente, si è sviluppata a trazione germanica.

La Germania Ovest fu fra i fondatori. L’allora cancelliere Konrad Adenauer vi aveva visto l’opportunità di scrollarsi di dosso l’eredità della guerra.

Dipoi una Germania sempre più autorevole  con la moneta e l’industria fortissime prese le redini del convoglio.

La cosa divenne ingestibile con la riunificazione.

Bene aveva visto Francois Mauriac che diceva : ‘ È falso che non ami la Germania. Mi piace così tanto che son contento di vederne 2 anzichè una sola”. Medesimo concetto espressero Giulio Andreotti, Margareth Thatcher e Francois Mitterand.

Il progetto pangermanista è diventato un fiume in piena con l’avvento della moneta unica

Oggi nessuno pone riserve sulla considerazione che la Germania, coltivi una volontà egemonica verso l’Europa.

I più prudenti fanno risalire l’insorgenza di questo sentimento a quando la Germania divenne stato unitario, nel 1871, sotto la spinta di Otto von Bismarck.

Altri pensano che lo spirito dominatore sia precedente.

È dall’800 d. C. , che le civiltà germaniche hanno assunto il dominio e il governo dell’Europa. Ciò che Bismarck mise insieme,

si chiamava ancora Sacro Romano Impero di Nazione Tedesca.

Il  pangermanesimo è l’idea di riunire in un’unica patria dominante tutti i popoli di lingua tedesca. La pretesa ha un suo perchè.

Alla supremazia economica e finanziaria, si aggiunge quella demografica e territoriale.

Oltre agli stati tedeschi, Germania e Austria, vi sono minoranze di lingua tedesca con riconoscimento legale in diciotto paesi dell’Unione.

La diffusione territoriale si accompagna alla posizione baricentrica e al numero di cittadini.

Un unionista su quattro ha il tedesco come lingua madre. 1 cittadino unionista su 4, 5 è austriaco o germanico.

L’Unione, è apparsa per decenni una Grande Germania nelle regole, negli obbiettivi, nelle cose buone e negli errori.

Fra questi ultimi l’immobilismo, la ricerca di stabilità, l’adesione alla green economy e alla economia speculativa hanno comportato l’indebolimento dell’UE.

Da qui una critica diffusa, la crescita di una volontà in pressochè tutti i paesi di riabilitazione dei principi di comunità e l’abbandono dei mantra unionisti.

Il mainstream ha bollato sbrigativamente il fenomeno come un rigurgito di neofascismo, al più di populismo straccione.

La crisi ha colpito duro anche in Germania, dove si è avviato un processo ben diverso che altrove.

Le recenti elezioni regionali in Turingia e in Sassonia hanno fatto ingigantire a dismisura il partito di estrema destra e la sinistra sovranista( 40% e più). Fenomeno unico, la sinistra rossobruna è omologa su temi nazionalistici e di ordine pubblico alla destra e é sua sostanziale partner.

Non si nota che non c’è neonazismo e neppure sinistra reazionaria. C’è il ritorno in superfice della storica convinzione tedesca di essere i primi, i dominatori. Finquando il pangermanesimo  si vestiva di europeismo le pulsioni erano sedate e soddisfatte. Quando la crisi ha investito il contesto e messo in crisi la posizione tedesca, esso è tornato a esprimersi nel voto popolare.

La cecità e l’improvvisazione hanno trasformato uno strumento nobile, politico, antitedesco in una clava rozza, economica, pro Germania.

Hanno portato l’Europa avvinghiata in legami inscindibili a una crisi che pare irreversibile e quel che è peggio a un rigurgito pangermanista, pericoloso e purtroppo possibile soluzione al macrospico errore unionista.