Le festività di fine anno segnano per solito un miniperiodo di tregua nella vita pubblica nazionale.
I media si dilungano in servizi di costume, usurati dal loro ripetersi da decenni e
nei notiziari c’è il trionfo del buonismo di maniera
Questa volta non pare sia andata proprio così.
Un po’perchè le guerre in giro per il mondo non danno tregua, sia perchè il clima interno non è dei migliori.
Tutti i sondaggi e le ricerche dicono che gli italiani nella loro maggioranza sono intristiti e preoccupati.
Pensano che il futuro non riservi miglioramenti.
In un contesto sempre più problematico, il disinteresse dei cittadini per la cosa comune sta raggiungendo vertici di non ritorno.
Diventa difficile prevedere il futuro di un popolo impaurito, preoccupato, più povero, senza spirito reattivo e punti di riferimento per la sua riorganizzazione sociale.
I cittadini per la gran parte si sentono senza protezione, senza possibilità di rifugio in certezze secolari come risparmio, casa, lavoro, natura amica e clima temperato.
Forse si sentono gettati un po’ allo sbaraglio in un mondo resiliente che comprendono poco, in una green economy dai contorni labili e costosi, con una
retorica europea che fatica a convincere mentre l’euro ormai odiato dai più, è visto come un errore madornale fonte di povertà incipiente.
C’è molto di drammatizzazione interiore in queste visioni semi apocalittiche. Il fondo di verità è dilatato dalla sfiducia generale.
Essa certo non diminuisce di fronte alla violenza quotidiana, alla droga dilagante, ai rapporti sociali affievoliti, incancreniti in una cattiveria spesso acida e irrimediabile.
Con la destra non è migliorato l’ordine pubblico, la sanità, mentre l’immigrazione illegale va a gonfie vele.
Nel frattempo continua a avanzare un’idea negativa di stato gabelliere, sprecone, in mano al demerito, a una classe politica e funzionariale arrogante, a magistrati non all’altezza, con una microeconomia in articulo mortis.
Nè si intravede un’idea di comunità idonea agli appuntamenti che sono in corso nè si scorge una promessa di società seria ma non reazionaria.
In questo panorama i super ricchi scorrazzano indisturbati, il lusso, neutro in sè, finisce con l’offendere i bisogni di un’Italia che rischia di nuovo povertà e disintegrazione sociale.
La postdemocrazia si allarma. Il disinteresse dei cittadini in misura ragionevole è per essa un toccasana, ma una latitanza di massa, irosa, insoddisfatta, senza speranza è un pericolo da non sottovalutare.
Ci pensa il discorso di fine anno del capo dello stato, a insinuare un concetto basico per la postdemocrazia.
Costui esorta a esercitare il preteso massimo dell’espressione della democrazia e della libertà: il voto. Egli ha letteralmente detto:
“Viviamo. . un passaggio epocale. Possiamo dare tutti qualcosa alla nostra Italia. . . Con la partecipazione attiva alla vita civile. A partire dall’esercizio del diritto di voto. Per definire la strada da percorrere, è il voto libero che decide. . . . Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà. Libertà che, quanti esercitano pubbliche funzioni – a tutti i livelli -, sono chiamati a garantire. ” “(discorso fine anno s. mattarella 2023, 31, 12)
Traduzione : “La vostra libertà massima è il voto. Votate, dunque, siate liberi e legittimate il potere di questa classe dirigente e politica, che vi rappresenta e vi garantisce. “
Roba da paura.
In uno stato democratico e non postdemocratico, ci sarebbe da aspettarsi un’ondata di protesta.
Invece costui può farsi applaudire mentre declina una lettura della libertà dispotica e totalitaria.
Tesa alla legittimazione della classe dirigente e non alla difesa della libertà e dei diritti dei cittadini.
E altrettanto incredibilmente lo applaudono anche coloro che vanno in brodo di giuggiole quando ascoltano Giorgio Gaber che ironizza sul cittadino ingenuo e poco attento che crede di essere libero perchè vota e invece, così facendo, certifica la sua posizione di schiavo nei confronti dei Mattarella e c. di turno.
Il cittadino che compiaciuto declama:
“Vorrei essere libero come un uomo. .
che trova questo spazio
Solamente nella sua democrazia
Che ha il diritto di votare
E che passa la sua vita a delegare.
E nel farsi comandare
Ha trovato la sua nuova libertà. “
(la libertà – Gaber/ Luporini, 1972).
Mal voluto non fu mai troppo.