Negli USA i magistrati hanno sempre avuto una connotazione politica. Insegna Tocqueville che la democrazia americana nasce per eleggere cariche di governo, non per dar vita a un sistema assembleare, con maggioranze e minoranze.
Così i giudici, anch’essi elettivi, finirono per occupare lo spazio delle opposizioni.
Le recenti disavventure di Trump, quelle trascorse di Clinton e di Nixon, sono le testimonianze più palmari.
Non così in Italia dove la divisione dei poteri adottata secondo i principî delle democrazie liberali (Montesquieu) esclude l’immissione del potere giudiziario nel potere esecutivo e legislativo e viceversa.
Sull’invasività del potere giudiziario nelle scelte della politica, la repubblica ha visto accendersi miriadi di scontri, molti dei quali hanno finito per decidere le sorti di pressochè tutti i governi dal 1994 in poi.
È stato il potere politico debole, diviso, permeabile a corruzioni che con le sue fragilità colpevoli ha spalancato varchi ai tornado dei magistrati.
I quali investiti dal consenso popolare, di quello dei media e sull’onda del richiesto cambiamento si distinsero nella cavalcata di occupazione degli spazi.
Questo segmento di storia della giurisdizione per certi versi si congiunge con il fenomeno ‘toghe rosse’ in pista dalla fine degli ’60 del 1900. I ‘pretori del lavoro’ furono le avanguardie a cui seguirono frotte di altri colleghi che interpretarono la giurisdizione come strumento di lotta.
Raffigurazione legittimante fu il film di Dino Risi ‘In nome del popolo italiano’ ( 1971). Ugo Tognazzi interpreta uno di questi giudici che si trova a indagare sull’omicidio di una giovane di cui è indiziato un uomo odioso e spregiudicato (Vittorio Gassman), il classico padrone palazzinaro raffigurato come il male tout- court. Senonchè il giudice viene in possesso del diario della giovane che discolpa l’indiziato inchiodando il vero colpevole. Il giudice ci pensa un pò poi, passando nei pressi di una manifestazione di studenti visto un falò provocato dai disordini, vi getta il diario, perchè la giustizia possa raggiungere il fine rivoluzionario di punire il marrano, non l’assassino.
La stagione di Mani Pulite e il seguito fu e è un’altra storia.
I suoi protagonisti non erano ‘toghe rosse’ e nei due membri più popolari neppure toghe di sinistra, anche se ‘toghe rosse’ e partiti di sinistra furono alleati e difensori, (tranne eccezioni per casi di casa propria).
La sinistra sembra non aver capito di interpretare da anni il ruolo definito da Lenin ‘dell’utile idiota’.
Dal canto suo la destra continua a sbagliare obbiettivo e indirizza i suoi strali verso il bersaglio errato.
I veri avversari non sono gli ascari un po’ miopi di Schlein e c. , ma gli eredi di Francesco Saverio Borrelli.
Prese corpo l’ambizione dei giudici che cavalcavano la tigre di arrivare direttamente al potere politico.
Più che la comparsata tv del Pool per vanificare il decreto Biondi, evidenziò il disegno la dichiarazione al Corriere della Sera di Borrelli, dal significato indiscutibile: ‘Dovrebbe accadere un cataclisma per cui resta solo in piedi il presidente della repubblica che come supremo tutore chiama a raccolta gli uomini della legge… in quel caso potremmo rispondere’.
Borrelli indicava un tragitto disegnato da coloro che stavano lavorando al ‘cataclisma ‘evocato non a caso, per governare in prima persona l’Italia.
Dopo un fallito tentativo di sedere al Quirinale la stella Borrelli si offuscò.
Ma la via era tracciata.
Da allora in poi la magistratura che conta ha giocato questa partita in proprio. Ha trasformato nei fatti e nell’immaginario collettivo il suo sindacato (Anm) in un organo istituzionale depositario del Verbo in fatto di giurisdizione. Ha interdetto scelte di governo, ha perseguito senza sosta quanti si affacciavano alla ribalta. Hinc et inde: basti pensare alle vicissitudini giudiziarie del segretario Pd Matteo Renzi.
Con il tempo l’autoreferenzialità dei magistrati, il loro potere crescente e incontrastato creò sacche anomale come l’affaire Palamara ha dimostrato. Tuttavia il disegno procedeva sebbene privo del consenso di un tempo.
Nell’ultimo periodo le cose sono esplose: interventi ad hoc che condizionano ogni elezione regionale o comunale che si avvicina.
Interventi tempestivi per contrastare le scelte politiche di governo, nei punti più sensibili, sempre formalmente rivendicando il rispetto delle leggi, alla ricerca del ‘cataclisma’ che consenta finalmente l’accesso a palazzo Chigi.
Che avverrebbe con un presidente della repubblica sodale, finanza e burocrazia soddisfatte per un governo della stabilità fuori dagli interessi dei cittadini ma dentro quelli dei ceti e della burocrazie dominanti.
Mentre destra e sinistra continuerebbero, veri capponi di Renzo, a mandare in scena un teatrino penoso e un pò agée.