La metamorfosi del M5S da movimento anti-sistema a partito coerente al Sistema, è stata una trasformazione repentina, favorita dalla doppia occasione di governo. Nel cambio cromatico (da gialloverde a giallorosso) il M5S aveva già emulato la DC, campione della partitocrazia, che per governare di solito cercava alleanze dall’Msi al Pci. La mutazione era già in atto, quando da indisponibili ad alleanze con chiunque – poiché tutti infettati e infettanti – avevano accettato l’idea di “contaminarsi”. Quando le forze di rottura passano dalla platea al palcoscenico, prende il sopravvento uno schema consolidato, peraltro privo di eccezioni significative. Già ai tempi della Rivoluzione francese, sulle fondamenta di libertà ed uguaglianza gettate con dovizia di teste mozzate, si affermò l’Impero napoleonico, il massimo del dispotismo imperialista e guerrafondaio. Il capo del fascismo si era presentato con un proprio esercito a minacciare nobiltà, clero, borghesia e perfino la monarchia. La mattina del giorno dopo, vestì ghette chiare e bombetta (come imponeva allora il protocollo di corte) per farsi ricevere dal Re, dichiarandosi “fedele servitore della Monarchia”. Se si poteva pensare ad una sceneggiata d’occasione, i fatti successivi dimostrarono il fascino irresistibile del Sistema, dei suoi riti, dei suoi meccanismi. La sinistra non ne esce certo indenne. Da una rivoluzione e una guerra civile con milioni di morti per l’eguaglianza e la fine dei privilegi, scaturì un ordine che aveva sostituito lo zar e la sua corte con un despota e la sua cerchia, confermando la regola che sistema e potere conformano a loro immagine qualsiasi materia, anche la più riottosa. Anche la sinistra nostrana, nata tra i movimenti operai e cresciuta nelle fabbriche, oggi ha le proprie roccaforti nei quartieri benestanti delle città, nei centri d’incontro più esclusivi. Il gorgo del Sistema ha lastricato la via della storia di rivoluzionari rieducati a classe dirigente. Il perché è semplice: la carne è debole, addomesticabile da un meccanismo avvolgente, abituato a trangugiare di tutto, per poi restituirlo ad immagine di quelli nati per comandare. Sempre e comunque. E’ questa l’anima della lezione che ci offrono i grillini. Nati da un vaffa cosmico, affidatisi unicamente all’invettiva, alla protesta, tifosi del consenso per il consenso, si sono ritrovati improvvisamente (inaspettatamente?) al governo, in balia delle loro promesse e dei burocrati, unica bussola per principianti allo sbaraglio. E così il “No Tav” diventa “Si Tav”; il “No ILVA” ‘Si ILVA”; l’ambientalismo viene sacrificato alle trivelle, al condono e al non expedit di chi li tiene per le briglie negli uffici. E gli sberleffi contro i riti dei partiti si trasformano in richiesta di un congresso e, chissà, forse in rinuncia al vincolo dei due mandati. Il destino delle forze anti-sistema – diventare funzionali e utili al Sistema – è stato anche il loro. La rapidità dell’ingresso nel gorgo del potere, con le sciocchezze fulminanti, le nomine e gli incarichi imbarazzanti, è la sola cosa che stupisce. Per il resto, è un copione già recitato. Più e più volte.
In Messico prospera il “Partito rivoluzionario Istituzionale”: un ossimoro che solo la politica – l’arte del possibile – poteva consentire e che sta lì, da quasi un secolo, a dimostrare che il Sistema vince. Sempre. Anche a costo di istituzionalizzare la sovversione o la rivoluzione.