Finita l’estate militante, di cui in verità non si è mai vista traccia, Elly Schlein ha scelto quale sarà la prima battaglia dem appena il Parlamento riaprirà dopo le ferie estive: una legge contro la propaganda fascista per punirne “simbologia e gestualità”. Una proposta che potrebbe avere un senso se il fascismo non fosse fortunatamente finito ottant’anni fa, e se l’Italia corresse ancora il rischio di una impossibile svolta autoritaria, anche se nei pensatoi della sinistra basta accennare alla riforma presidenzialista per far subito scattare la parola d’ordine dell’allarme democratico, e quindi tutto si tiene: il disegno di legge del Pd e la inveterata narrazione che continua a identificare tutto ciò che si muove a destra come un riflesso nostalgico.
Ora, che esistano ancora gruppuscoli di fanatici che si richiamano ai simboli nazifascisti è una realtà innegabile, ma che questi avventurieri costituiscano un pericolo per le istituzioni democratiche è una rappresentazione macchiettistica che fa quasi il pari con la loro sopravvivenza. Nessuno mette più in dubbio, ormai da decenni, che l’antifascismo sia un valore fondante della nostra Repubblica, ma la sinistra resta chiusa nella convinzione ideologica di considerarsi democratica in quanto antifascista invece di dirsi antifascista perché democratica. Perché è agli atti della storia che non tutti gli antifascisti sono stati democratici. Qui si torna al difetto di origine che segnò la nascita della Repubblica, che per necessità storica si fondò sul paradigma antifascista – il Ventennio mussoliniano aveva lasciato l’Italia in macerie dopo una scia di errori e di orrori – e non su quello antitotalitario, perché il Pci di Togliatti non poteva né voleva riconoscere anche le colpe tragiche dei sistemi comunisti. E successivamente gli eredi del Pci hanno sempre evitato di correggere fino in fondo questo errore strabico, cavalcando in modo strumentale l’antifascismo contro gli avversari politici: è toccato a Berlusconi, è toccato a Fini nonostante la svolta di Fiuggi e la sua scomunica del fascismo come il Male assoluto, e stessa sorte sta toccando a Meloni e Salvini. Schlein non fa dunque nulla di nuovo chiedendo di calendarizzare “al più presto” la proposta di legge contro la propaganda fascista e nazista.
Nessuno nega – ci mancherebbe altro- che le stragi naziste come quella di Sant’Anna di Stazzema siano pezzi fondamentali di una memoria che va coltivata e trasmessa alle nuove generazioni, ma affermare che “le radici di quel male possono ripresentarsi in forme diverse, nella nostra quotidianità” è una lettura distorta della realtà, perché i valori democratici sono oggi ben saldi nella coscienza popolare. Per cui il disegno di legge presentato al Senato va considerato più come un manifesto ideologico per mascherare le difficoltà di un partito in crisi che per ribadire l’esigenza di una memoria condivisa, che esiste e non può essere messa in discussione dai rigurgiti neofascisti di pochi esaltati.
Ma cosa prevede la proposta del Pd? Modificando l’articolo 604-bis del codice penale intende punire “con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sull’esaltazione dei metodi eversivi dell’ordinamento democratico propri dell’ideologia fascista o nazifascista”. I promotori specificano di non voler toccare la legge Scelba del ‘52, che già vieta la ricostituzione del partito fascista, ma sostengono che andrebbe colmata punendo anche chi esalta pubblicamente i metodi del fascismo o denigra la Resistenza anche senza che sussista il pericolo evocato da quella legge. Qui però si entra nel complesso e scivoloso campo dei reati di opinione su cui il Parlamento italiano si è già misurato discutendo la legge contro il negazionismo della Shoah, spacciato per ordinario processo di revisione storica.
La questione è delicata: la libertà di espressione può sussistere anche quando diffonde l’odio contro le minoranze? La legge Mancino, a questo proposito, è stata spesso criticata in quanto avrebbe rischiato di conferire un’aura di martirio ai gruppi neonazisti, con una corrente di pensiero che sostiene la necessitò di una sanzione non penale, ma di carattere esclusivamente culturale. Un dibattito che si riaprirà sicuramente dopo questa proposta di legge del Pd.