Mai una conferenza stampa di fine d’anno di un presidente del consiglio era stata tanto attesa.
Erano tutti attenti al pistolino del pistolero, alle rate del Pnrr, al duello della donna madre con la donna gay (politicamente insignificante, ma mediaticamente una bomba) e a altre amenità di contorno che fanno audience ma non sostanza.
Pochissimi hanno colto l’importanza che rivestiva l’appuntamento.
Lo smacco del Patto di stabilità, i rilievi di Mattarella su ambulanti e balneari, l’insabbiamento della politica economica fra tasse, accise, costi energetici, inflazione, questione sanitaria e nove milioni di poveri in circolazione sono dati che non consentivano deviazioni dialettiche o il rinvio di scelte fondamentali.
La premier ha disceptato su singoli argomenti soprattutto di cronaca politica e un po’di gossip, inciampando poche volte, dimostrando di possedere il mestiere come si conviene a una scolarizzata in Azione Giovani.
Al termine della conferenza non c’era chi fosse in grado di declinare il progetto complessivo del governo Meloni.
Nessuno che avesse gli elementi per dire se la tecnica finora utilizzata per navigare e stare a galla sarebbe stata sostituita da un tragitto chiaro e finalizzato.
Tantomeno se questo percorso sarebbe stato in linea con le promesse elettorali o con le mal ripagate conversioni successive.
Si è avuto la sensazione di un premier ostinato, forte, duro e tenace, ma senza prospettive di futuro diverse dalla volontà di restare dove si trova.
La cartina di tornasole è l’assenza di scelte costitutive con il contestuale richiamo allusivo a chi intenderebbe ricattarla, costringerla, impedirle il sereno esercizio del suo ministero istituzionale.
Si tratta del rinnovato utilizzo dell’espediente della ‘sindrome da accerchiamento’.
È il retaggio di quella cultura di una destra isolata, che in un empito di presunzione si definiva ‘circondata’ cioè non fuori ma al centro di tutto.
La sindrome da accerchiamento è oggi il miglior rifugio psicologico e il miglior alibi per non fare il dovuto e non esprimere il progetto.
La sostanza del rebus è nel destino che Meloni c. hanno in mente di riservare al fondamento della politica di questo governo : l'”orgoglio nazionale”.
Se sarà la foglia di fico di un governo asservito a Draghi e c. o una bandiera di reale programmazione.
Se esso sarà posto a base del progetto e si declinerà l’interesse nazionale da coordinare ma non subordinare con quello internazionale e europeo.
Oppure se si metteranno a presupposto le tematiche europee e mondialiste portatrici di valori ritenuti universali e a essi si subordineranno gli interessi nazionali, ritenendo quest’atteggiamento la vera espressione dell'”orgoglio nazionale”.
Nella prima opzione l’interesse nazionale è il motore della scelta.
Nel secondo caso l’orgoglio nazionale o se si preferisce il patriottismo, lo si esprime nella cosciente subordinazione degli interessi nazionali a principi universali mondialisti.
Una scelta andava fatta.
I nodi stanno arrivando al pettine, a farsi dal nuovo Patto di stabilità.
Il leader non potrà più declamare una linea e applicarne costantemente un’altra.
Le due parti in commedia non sono più esercitabili.
Nè è lecito trincerarsi dietro tesi dell’accerchiamento per continuare a dire “vorrei, ma non me lo fanno fare”.
E nel contempo ammiccare agli amici mondialisti e continuare a perseguire i loro intenti.
C’è da scegliere se la settima economia mondiale, si debba allocare nel vascello post democratico in posizione gregaria, con l’intento di uniformarsi a quella realtà, sopportandone i costi relativi, in vista di un futuro più modesto ma fuori da qualsiasi rischio che non sia generale.
O se invece si debba nelle dovute forme fare il punto e mettere con diplomazia e fermezza sul tavolo alcune scelte in punto di valorizzazione del nostro sistema economico e di civiltà utilizzando schemi e parametri compatibili con le nostre caratteristiche e con i fondamenti del sistema costituzionalmente protetti.
Basta conoscere dove si vuole andare e se si è parte del partito postdemocratico unito o artefici di una neo democrazia operosa e padrona di sè. Questo è il tema.
Ma se si pensa di lasciare tutto così com’è, i giorni sono contati per tutti e gli show per quanto di qualità non saranno sufficienti a salvare la baracca.