Il M5S è stato tutto e il contrario di tutto. Parto dalla fine: l’approvazione in Consiglio dei Ministri e poi, sicuramente, in Parlamento della Riforma Cartabia che sconfessa anni di battaglie, manifestazioni, proteste, V-Day, oserei dire lo stesso spirito sul quale è nata e ha prosperato la galassia grillina. Arrivati a Montecitorio e a Palazzo Madama con l’intenzione di aprire l’emiciclo “come una scatoletta di tonno” dopo pochi mesi (riferivano gli osservatori più attenti) i pentastellati già si conformavano esteticamente al luogo, a palese dimostrazione di quello che disse il prof. Gianfranco Miglio in uno dei suoi primi interventi in Parlamento (parafraso): il profumo del potere, nell’incanto dei palazzi romani, è peggio della droga. E allora i movimentisti sono diventati ministri, si sono accorti che un giro solo in un mondo troppo bello per essere vero era troppo poco e hanno spostato in là il limite di mandato alle Camere; sono stati pretoriani di Salvini e poi di Conte, colorati del rosso ormai tenue di un PD a marca Enrico Letta. Già, quel Letta nipote di Gianni, braccio destro di Berlusconi, sceso da un mondo che hanno sempre avversato, quello delle banche e dei poteri forti. Ma poco importa, a sedere si sta troppo meglio che in piedi a urlare, magari sotto la pioggia. Senza idee, senza un lavoro, hanno capito quello che i democristiani avevano capito 50 anni prima, che la politica si può fare di mestiere e non è poi così male. Ma se gli scudocrociati avevano alle spalle cultura e profonda conoscenza della vita pubblica i pentastellati hanno scalato il cursus honorum solo per essersi trovati nel posto giusto al momento giusto. Hanno rispolverato la linea del doppio forno: un po’ con Conte, un po’ con Grillo, un po’ con la Cina, un po’ con gli Americani, un po’ con Draghi e un po’ con la piazza. Si sono riscoperti garantisti quando hanno indagato qualche loro Sindaco, si sono scusati a scoppio ritardato contro innocenti imputati, poi assolti, rendendosi conto che in fondo dai processi si può essere pure scagionati e che l’assioma “indagini-processo-condanna-carcere” (tanto caro all’ex Guardasigilli Bonafede) è una tesi che non regge alla logica stringente dell’antitesi. Lo dico e lo ripeto: non credo ai complotti, penso che la realtà sia assai più semplice di quanto si voglia fare apparire, anche se tutti, per giustificare le stranezze della vita, abbiamo bisogno di credere che ci sia un Piano che spieghi le umane vicende come Umberto Eco ha magistralmente descritto nel suo Pendolo di Foucault. Ma senza essere dei geni, ma solo ricolmi di sapido buon senso, non è difficile, mettendo insieme tutti i tasselli della storia, capire che il M5S è stato (come lo fu Tangentopoli) un grande processo di restaurazione, non di rivoluzione teoria portata avanti anche dal Prof. Becchi ex ideologo proprio del Movimento: convogliare il dissenso in qualcosa di organizzato, farlo entrare dentro il gotha del potere per controllarlo e per destabilizzare una classe dirigente sicuramente da rivedere ma non da buttare. Chi c’è dietro? Non lo so, ma gli Americani, e chi studia la storia lo sa, in questo sono molto bravi.