‘Quod non est in actis non est in mundo’. ‘Quello che non è negli atti di causa non è nel mondo, non esiste , non c’è’.
Adattando questo principio giuridico alla realtà odierna si può dire che quello che non è nei media ‘non est in mundo’
Da qualche giorno ‘non est in mundo’ la guerra in Ucraina.
Da notizia di apertura, al silenzio quasi assoluto.
Guerra, madre di tutte le guerre è oggi affogata nella palude del disinteresse e del silenzio.
Oggi nei media non prevale l’informazione, ma una sorta di rappresentazione della realtà, utile agli interessi dei dominatori del mondo occidentale.
Oggi i bambini di Israele decapitati e quelli di Gaza affamati e bombardati sono a commuovere, più e meglio di quelli di Kiev o Odessa.
Ci sono nel mondo più di 170 conflitti.
Le guerre vere e proprie, simmetriche ( Ucraina/ Russia) o asimmetriche( Israele /Hamas), sono una sessantina circa.
Ciascuna porta le sue tragedie, le scene raccapriccianti, i bimbi uccisi, le mamme piangenti e violentate.
Ma è roba che ‘non est in mundo’.
Inutile trarre moralismi da questa constatazione, ma una riflessione è d’obbligo.
Non tanto quella banale ‘ci fanno vedere quello che vogliono loro’. O l’altra egualmente scontata sulla libera informazione come utopia.
Piuttosto quella più sottile e più profonda dell’esercizio del potere manipolatorio dei sentimenti più che della ragione.
Quest’arma potentissima usata da sempre e tuttora in voga, assume dimensioni planetarie e pericolose in questo profluvio di fonti con una diffusione a crescita esponenziale del raggiro delle emozioni dell’opinione pubblica.
Ci si avvale della diffusione mediatica per far transitare prima dal cuore che da ogni diverso recettore le pretese buone ragioni che dividano senza discussioni i ‘buoni’ dai ‘cattivi’.
Poi attraverso la gestione sapiente delle notizie e delle immagini si pretende di governare l’andamento dei conflitti.
Come tutte le cose studiate a tavolino succede che non sempre gli obbiettivi immaginati vengano raggiunti.
Appare sempre più probabile che a forza di cavalcare la tigre, costei si sia scocciata di sottostare docile ai cavalieri.
Sembra che non si possano più aizzare e sedare a comando le ansie belliche dei popoli in armi e le emozioni delle opinioni pubbliche alimentate ad hoc.
Gli incendi scoppiati o fatti scoppiare, con tutte le variabili possibili, le crisi economiche, l’ inflazione, la crescita quantitativa in eccesso, oltre agli accidenti previsti e imprevisti, sono sempre meno gestibili.
Come il fuoco acceso dall’agricoltore per bruciare le stoppie che sfugge al controllo e distrugge ogni cosa.
La policrisi del sistema postdemocratico riduce la padronanza dei punti critici.
Il destino planetario finisce per essere affidato soprattutto alla sorte.
La guerra israelo-palestinese ha i suoi contraccolpi nel mondo.
Può succedere di tutto.
Ma come proseguirà questa volta non sarà legato ai voleri di chi conduce questo tragico balletto. Le forze scatenate non appaiono gestibili.
Stavolta non ci sará silenziatore mediatico o ordini dall’alto per frenare lo smottamento che si abbatte sull’occidente filofinanziarista, compromettendone i progetti.
È doveroso prepararsi a non essere nè succubi nè partecipi delle politiche imperiali della speculazione, del desiderio di egemonia e dello scempio che si stanno perpetrando hinc et inde (di qua e di là).
Resta il dovere di fare il possibile in casa propria, aggirando i pifferai magici.
Smorzare i sentimenti, non alimentare le fazioni, cessare con i pagnistei mediatici, riconquistare efficienza.
Rivendicare i principi originari dell’europeismo, quelli che rispettano gli spazi comuni e le sovranità nazionali, tutelano le risorse economiche e valoriali comuni e quelle di ciascun paese.
Da qui il dovere nazionale e europeo di reagire nel proprio e nel comune interesse e costruirsi senza indugio la propria Arca di Noè. La più robusta possibile.