Gianni Fava, deputato e assessore lombardo, firmatario con me della pdl contro i money transfer e dunque impermeabile ad ogni condizionamento lobbistico, e’ uomo allontanato dalla politica per aver tentato di contrastare in congresso l’ascesa di Matteo Salvini .E’ sostenitore di una Lega che non rinneghi le sue originarie inclinazioni secondo gli orientamenti di Umberto Bossi e la lezione del prof Miglio.
Il direttore
Si sono creati spazi nuovi nella politica del Nord del paese. O meglio si sono ricreati spazi che fino a poco tempo fa erano saldamente presidiati da un movimento che per trent’anni ne aveva garantito, nel bene e nel male , una occupazione più o meno solida. La Lega Nord non c’è più. E’ stata ibernata. Esiste come partito politico solo per incassare il 2 per mille e per provare a pagare il debito ciclopico figlio di un gigantesco equivoco gestito nel peggiore dei modi. Ai propri iscritti e militanti vengono negati i più elementari diritti. Non ti puoi tesserare (io l’ho fatto comunque), gli iscritti vengono sostanzialmente cooptati e agli stessi viene inviata a casa una tessera gratuita come quella del Conad. Ma soprattutto viene negata agli iscritti la possibilità di esercitare il più elementare dei diritti di un militante di partito: partecipare alle competizioni elettorali! Un’anomalia possibile solo in una democrazia malata come quella italiana. Imputridita dalle convenienze. A troppi conviene sia così. Al leader di un altro partito che di fatto esercita il controllo anche sul proprio vecchio movimento, al maleodorante sistema dei partiti romani che non vedevano l’ora di togliersi dai piedi uno scomodo soggetto col quale hanno faticosamente dovuto fare incinti per decenni, al sistema di informazione che si nutre della narrazione di improbabili leader di partiti sempre più sganciati dalla realtà. In quale altro modo si potrebbe valutare l’interesse maniacale della stampa per il fenomeno di Matteo Salvini? Il leader di un partito equivoco perfino nel simbolo e nel nome. Basti pensare che è l’unico caso al mondo in cui un soggetto politico utilizza il simbolo (a prestito) di un altro potenziale concorrente. Ho avuto le vertigini nei giorni scorsi dalle parti di Castel dell’Ovo a Napoli vedendo un gigantesco manifesto con un candidato della Lega salviniana affiancato al bolso slogan “prima i napoletani”, accanto al simbolo di Alberto da Giussano e del leone alato di San Marco. Cosa ne sa quel signore della Lega Lombarda e della Liga Veneta che sono i legittimi proprietari di quel simbolo? Qualcuno gli avrà raccontato di quando i venetisti usavano quel simbolo con sotto la didascalia “ el leon che magna el teron”? Un gigantesco equivoco domina la scena politica ahimè. E che dire del nome Lega Salviini premier? Come se in Italia esistesse un premier anziché un presidente del consiglio. Come se questa non fosse una repubblica parlamentare e che solo al parlamento venga riservata la facoltà di votare, attraverso la fiducia al governo, un presidente del consiglio. Una suggestiva presa in giro semantica che nulla è al confronto di quella politica. Cosa ha a che fare questa sedicente Lega con quel movimento post ideologico, sindacato territoriale di massa, che per decenni si è ispirato ai principi liberali e democratici puntando alla affermazione del principio di autodeterminazione dei popoli e che mai ha discriminato per orientamento sessuale, politico, religioso o per razza? Bella domanda direi immodestamente. Purtroppo nel grande equivoco di questa fase politica rimarrà senza risposta ancora a lungo. Il sovranismo effimero sta crollando ovunque. E presto quello spazio dovrà essere nuovamente riempito. Osserviamo con interesse anche questa evoluzione.
Gianni Fava