Immaginatevi la scena: in piena emergenza “COVID-19”, si sta varando la più imponente manovra economica della storia repubblicana, che dovrà pompare miliardi di liquidità alle imprese, in ginocchio per la più grave crisi economica dal dopo-guerra. Viene faticosamente trovata la quadra in maggioranza; poi con l’opposizione e le parti sociali. Quando tutto pare essersi allineato, anche grazie alla gravità del momento, il provvedimento si arena al Ministero dell’Economia. Colpa del Ministro? Macché… È il Ragioniere Generale dello Stato a mettersi di traverso: il provvedimento manca delle dovute coperture e quindi niente “bollinatura”. E così, per 3 giorni, un provvedimento che segnerà un’epoca, è rimasto in stand-by perché il nuovo Sacerdote della stabilità dei conti, ha prevalso sulla volontà del popolo sovrano, espressa dal Parlamento e Governo.
Ma se la Ragioneria Generale dello Stato è divenuta un autonomo potere autoreferenziale, in grado di influenzare perfino le scelte degli organi sovrani e tenere in ostaggio l’intero paese, grazie all’inserimento del vincolo del pareggio di bilancio in Costituzione – voluto dall’Europa e ottenuto nel 2012 grazie a Monti e ad un Parlamento che non onorò la sua funzione – la burocrazia in Italia è figlia di tante, troppe madri e pare, oggi, divenuta praticamente inarrestabile. Una Idra di Lerna che in Italia uccide, più del COVID.
Lo fa in modo silenzioso e soprattutto senza spargimenti di sangue. Lo fa rallentando e complicando i processi economici e così divorandosi ogni anno 60 miliardi in maggiori costi e strangolando le imprese, che si arrendono di fronte a certi invalicabili muri, artatamente eretti. Lo fa ostacolando lo sviluppo e la semplificazione, a cui si contrappone perché in grado di depotenziarla, facendola tornare un semplice ingranaggio del sistema, anziché la sua chiave di volta. Lo fa grazie anche alla superfetazione normativa: sono 160 mila le leggi vigenti nel nostro Paese, contro le 70 mila in Francia, le 5.500 in Germania e le sole 3 mila del Regno Unito. Lo fa grazie soprattutto ad un ceto politico, quello attuale, inconsapevolmente compiacente, perché sempre più inadeguato ai ruoli che ricopre e quindi costretto a consegnarsi mani e piedi al boiardo di turno, capace così di acquisire, senza sforzo, una centralità insperata.
Ed ecco così spiegata questa sorta di “contagio da prepotenza” che pare aver colpito la gran parte di chi lavora alle dipendenze dirette del settore pubblico: la loro insindacabilità ed impunità, fa ormai vivere a moltissimi di loro con malcelato fastidio ogni istanza che il cittadino si trova a dovergli rivolgere.
Vinta la lotta al virus quindi, all’Italia rimarrà comunque quella – impossibile da vincere se non ne sarà colta la centralità’, contro la dittatura della burocrazia. Perché, per dirla con parole, non mie ma efficaci, il patto tra il politico mediocre ed il burocrate arrogante è sempre più saldo.