L’appello sottoscritto da quattromila professori e ricercatori universitari di vari atenei italiani per interrompere immediatamente la collaborazione con le università e i centri di ricerca israeliani rappresenta il culmine di una deriva preoccupante, perché mischia antisionismo e antisemitismo negando alla radice il diritto di esistenza dello Stato ebraico. Queste avanguardie intellettuali, che dovrebbero costituire i baluardi della conoscenza e della libertà culturale, si sono esibite in una gigantesca esibizione di falsità storiche, di inquietanti pregiudizi e di affermazione di un pensiero unico sostanzialmente anti-occidentale, schierandosi acriticamente con gli studenti che hanno occupato le università sventolando la bandiera di Hamas. Denunciando l’”oppressione storica, disumana e coloniale che i palestinesi stanno vivendo da 75 anni”, non hanno infatti condannato solo l’occupazione dei territori palestinesi in Cisgiordania, ma anche, di fatto, la risoluzione dell’Onu che nel novembre del ’47 determinò la nascita dello Stato di Israele. L’enormità di questo pronunciamento è evidente, visto che mette in discussione uno Stato legittimo che è anche l’unica democrazia del Medio Oriente. Così come la richiesta di un immediato cessate il fuoco, unita al rispetto del diritto umanitario internazionale, suona come un altolà al governo Netanyahu per fermare la caccia ai capi sanguinari di Hamas. Nessun accenno, se non di passaggio, alle atrocità commesse dai terroristi durante l’assalto ai kibbutz, fatte di decapitazioni di neonati, di ragazze stuprate e poi freddate con un colpo alla testa, di barbare uccisioni di giovani inermi che partecipavano a un rave. E nessuna richiesta di rilascio degli ostaggi, perché in quanto ebrei non meritano evidentemente l’attenzione di questo corpo docente accecato dall’ideologia.
In questo delirio filoislamico c’è una rarissima voce che merita di essere segnalata per la fermezza e la lucidità di analisi che la contraddistingue: quella di Daniela Santus, docente all’università di Torino, che si è rifiutata di firmare il manifesto pro-Palestina di tanti suoi colleghi ricordandogli che la data del 7 ottobre resterà impressa a lettere scarlatte nella storia come quella del primo pogrom avvenuto dai tempi del nazismo. Non solo: nella sua lettera aperta, Santus ha ricostruito anche le aperture dei confini fatte nel tempo da Israele ai palestinesi di Gaza, che Hamas ha sistematicamente utilizzato per compiere attentati contro i civili, fedele al suo statuto fondante che prevede la distruzione dello Stato ebraico. E ha dimostrato con i numeri che non esiste un regime di apartheid contro gli arabi in Israele, narrazione frutto solo della peggiore propaganda, rimarcando che i risultati ottenuti dalle donne arabe in Israele sarebbero stati impossibili con un governo musulmano. Basta ricordare che in Israele vivono due milioni di arabi e che fino al 7 ottobre varcavano il confine migliaia di palestinesi per lavorare in vari settori, o la coraggiosa esternazione di una ragazza araba musulmana che ha detto, in polemica con Hamas: “A causa di Israele oggi sono un ingegnere elettronico, ho un master di Stanford e ho gli stessi diritti di qualsiasi cittadino ebreo”.
Quello della professoressa Pintus è un vero e proprio manifesto di libertà contro il pensiero unico: “Come mai non ricordate – ha scritto – le proposte di pace rifiutate dai leader palestinesi? Perché parlate di Convenzione di Ginevra ma nulla dite sull’utilizzo di Hamas delle strutture mediche nella Striscia di gaza per scopi terroristici?”. La chiusa della lettera, poi, smaschera in modo esemplare l’ipocrisia ideologica di chi ha firmato l’appello contro Israele: “Non firmo perché non soltanto non voglio la cancellazione del popolo palestinese, ma non voglio neppure la cancellazione del popolo d’Israele. Vorrei la fine del regime di Hamas e un futuro di pace per palestinesi e israeliani”. Una ferma risposta, dunque, al tentativo di spacciare il conflitto israelo-palestinese come una scelta del popolo ebraico di discriminare i musulmani in nome di principi suprematisti e razzisti. E’ la propaganda di chi, come i quattromila docenti, distorce la realtà e rinnega la storia.