La Repubblica, democratica e parlamentare, è per me il migliore dei mondi possibili.
Questa è la deriva naturale di chi, da sempre, è antitotalitario con tutte le sue forze. Tuttavia gli umani eventi dovrebbero essere sempre analizzati con lo sguardo distaccato dello storico e con la freddezza del chirurgo, svestendo i panni del tifoso. Più volte ho parlato dei destini del centrodestra, quell’universo ‘maggioranza silenziosa’ nel Paese, ma agglomerato incompiuto, vittima di riforme mancate e personalismi laceranti. Per questo voglio cimentarmi in un esperimento giornalistico, violando la regola aurea della politica (come della vita) per cui non vi è mai la riprova a ciò che è stato, immaginando “cosa sarebbe successo se”. E parto da lontano, dal 1922 anno della marcia su Roma, spartiacque storico tra due mondi. Da lì si è acceso uno scontro culturale e ideologico mai sopito.
Il fascismo ha impresso uno stigma nei confronti di una destra di popolo e di governo che regna sovrano tutt’oggi e il cui frutto più malefico è stata l’intima consapevolezza nella controparte della superiorità morale di chi si ritiene nume tutelare dello Stato e delle istituzioni. Ma l’epoca mussoliniana non ha solamente provocato il rigetto, anche storico, nei confronti della destra, ma ha fatto sì che, con la paura del ritorno del fascismo, lo Stato si gettasse nelle braccia di un altro sistema totalitario. Quello delle camarille e delle conventicole, del pelago delle alte burocrazie e dei boiardi di Stato, degli ordini professionali e delle sigle sindacali.
Il prezzo pagato al successo e al successivo insuccesso del fascismo è stato trascinare l’azione di governo nella direzione opposta: quella del parlamentarismo esasperato, del consociativismo, dell’assemblearismo, della concertazione portata allo stremo. Il potere assoluto della casta dei mandarini che scrivono e interpretano le leggi, i pareri preventivi di ordini professionali, centri di potere, comitati e assemblee hanno causato 70 anni di immobilismo consegnandoci uno Stato vecchio e obsoleto, un sistema giuridico medievale, disservizi e mal funzionamenti diffusi come metastasi.
Non sarà un caso se Mussolini istituì nel governo dei territori la figura del podestà per guidare un popolo affascinato ma anche intrinsecamente votato a seguire un uomo solo al comando. Non è di molto tempo fa una proposta di legge sull’abolizione, per esempio, delle Giunte comunali. Il disegno aveva una sua compiuta logicità: i Sindaci, infatti, eletti direttamente dai cittadini sono di fatto espropriati dei poteri decisionali, da una parte dallo strapotere di funzionari e dirigenti, dall’altra da pletore di assessori che, spesso, a tutti rispondono fuor che al primo cittadino.
Non so che direzione possa prendere il centrodestra davanti alle difficili sfide che ci attendono, purtroppo non si vede al fondo una base culturale e una limpida visione politica che faccia ben sperare. La storia non si cambia ma guardando indietro viene da pensare che i maggiori interpreti del centrodestra italiano abbiano fatto male al proprio mondo di appartenenza più di Benito Mussolini.
Resta da capire il peso che avranno in questa pessima deriva gli attuali attori della scena politica.