Il 30 giugno, quando finirà il blocco dei licenziamenti, sarà una sorta di giorno del giudizio per il mondo del lavoro: il governo ha già annunciato di volerlo mantenere solo per le imprese che non dispongono degli ammortizzatori sociali, misura necessaria come tampone, ma che nell’arco di pochi mesi esaurirà la sua funzione e bisognerà evitare che tutti i nodi vengano insieme al pettine. C’è infatti una scomoda equazione da risolvere: ogni mese che i lavoratori passano in cassa integrazione, diminuisce la loro possibilità di rioccuparsi. Servirebbe subito, insomma, una riforma degli ammortizzatori accompagnata da immediati interventi di riqualificazione e di accompagnamento a una nuova occupazione, e su questo fronte cruciale il ministro Orlando sembra essere partito con il piede sbagliato, annunciando di voler confermare alla presidenza dell’Anpal il discusso presidente Mimmo Parisi. Del quale, oltre alla disinvolta e reiterata permanenza nella sua residenza in Mississippi, si ricorda soprattutto l’audizione in Parlamento in cui cercò di rivendere come un successo dei navigator, della sua App e del reddito di cittadinanza le 352mila comunicazioni obbligatorie che le imprese sono tenute a rilasciare quando assumono. In realtà, la gestione delle politiche attive dell’Agenzia è stata del tutto fallimentare: la mano destra (l’Inps che eroga i sussidi) non ha mai saputo cosa stava facendo la sinistra (l’Anpal, appunto, che dovrebbe aiutare a trovare lavoro). Un evidente cortocircuito che Parisi ha “controllato” quasi sempre da remoto.
Perché confermarlo, dunque? La motivazione non puo’che essere dettata da opportunismo politico. Orlando, uno dei teorici dell’alleanza strategica Pd-Cinque Stelle, per non irritare Di Maio ha esplicitamente detto che la sostituzione di Parisi “non è all’ordine del giorno”, ma allo stesso tempo ha lasciato intendere di voler riportare le Politiche attive al ministero del Lavoro, affidandole a un dipartimento ad hoc. Una scelta che certificherebbe la presa d’atto del fallimento della gestione Parisi. Se questo è vero, il governo dovrà però chiarire quale mai sarà il ruolo dell’Anpal nel prossimo futuro, visto che il suo principale obiettivo è proprio “il coordinamento delle politiche del lavoro a favore di persone in cerca di occupazione e la ricollocazione dei disoccupati”. Non solo: invece di mettere in condizione di funzionare come si deve l’Agenzia nazionale per il lavoro, Orlando preferisce tornare al modello di trent’anni fa, un clamoroso “indietro tutta” pur di salvare il posto a Parisi, che perfino la grillina Catalfo aveva ormai in mente di sostituire.
Una cosa dovrebbe essere chiara, se si vuol davvero applicare la dottrina Draghi: senza un superamento della filosofia che ha portato al varo del decreto dignità – il governo sta opportunamente pensando di ridurre i costi che gravano sui contratti a termine -, e senza dirottare almeno una parte dei fondi del reddito di cittadinanza verso l’assegno di ricollocazione, sarà difficile far incrociare appieno domanda e offerta di lavoro quando le imprese saranno di nuovo in grado di assumere. Una missione determinante, per la quale ci si dovrà affidare a personale qualificato, non certo la flottiglia dei navigator alla deriva appena – purtroppo – riconfermata..