Dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre si è riproposto il fenomeno che ha caratterizzato più volte la storia di Israele, con il rovesciamento delle colpe e il Paese vittima trasformato in carnefice. Eppure mai come in questa occasione la responsabilità dell’escalation è stata così lampante, perché ai lanci di missili che vanno avanti incessantemente da anni si è aggiunto l’orrore di un pogrom di ebrei, termine che speravamo fosse ormai confinato nei più bui ambulacri della storia. Ma neanche questo ha scalfito le convinzioni di chi, immemore delle lezioni della storia, ritiene ancora che Israele sia l’usurpatore e i palestinesi le perenni vittime sacrificali. La realtà è drammaticamente un’altra: lo Stato ebraico ha di fronte a sé un nemico che non rinuncerà mai alla sua distruzione, perché questo sta scritto nello statuto di Hamas, un’organizzazione terroristica che per prendere il potere non ha esitato a ingaggiare una guerra civile con i palestinesi di Fatah, che giustizia i suoi avversari interni per strada con un sacco in testa e usa sistematicamente i bambini come scudi umani per accusare di atrocità l’esercito israeliano. Una barbarie che nei cortei occidentali si finge però di non conoscere, sfilando impunemente sotto le bandiere di Hamas con il cartello blasfemo “Rivedrete Hitler all’inferno”. Eppure Gaza è una fucina di orrori: l’ultimo in ordine di tempo è stato il delirante discorso appena trasmesso in tv da una delle leader del Movimento delle Donne di Hamas, il cui contenuto è raccapricciante, perché si vanta di aver introdotto i bambini alla Jihad fin dall’infanzia, e aggiunge che “tutte le ragazze palestinesi vogliono sacrificarsi in attacchi terroristici contro gli ebrei”, elogiando le minorenni “per questo desiderio di scarificarsi”. Nulla di nuovo: sono infatti sempre esistiti i giovani attentatori palestinesi. Si chiamavano shahid, ovvero martiri, testimoni della fede e combattenti del Jihad, la guerra santa per conquistare all’Islam il mondo e sterminare gli infedeli che ostacolano il mandato divino.
Questo è il fondamentalismo islamico, in cui la morte conta mille volte più della vita, e le nuove generazioni crescono in un contesto di martirio e di odio contro gli ebrei alimentato fino dai libri di testo delle elementari, in cui il negazionismo dell’Olocausto e la delegittimazione di Israele fanno parte integrante dei programmi scolastici. Perfino il Parlamento europeo, che non può certo essere accusato di islamofobia, ha approvato diverse risoluzioni – l’ultima nel luglio scorso – che condannano l’Autorità palestinese per istigazione alla violenza, all’antisemitismo e all’odio, chiedendo lo stop ai finanziamenti “culturali” dell’Ue poi utilizzati per diffondere l’antisemitismo tra i ragazzi. Sono moltissimi gli esempi di manuali scolastici che distorcono la storia glorificando sia i terroristi della strage alle Olimpiadi di Monaco del ’72 che gli autori del massacro della strada costiera del ’78, in cui furono uccisi 38 civili israeliani, tra cui tredici bambini.
Ma non è tutto: Israele viene infatti cancellato da tutte le mappe, e un manuale di geografia e storia scrive testualmente: “La Palestina si trova nella parte asiatica del mondo arabo, all’interno di una regione conosciuta come Levante (Bilad al-Sham) che comprende Palestina, Giordania, Siria e Libano. La Palestina si trova nell’angolo sud-occidentale del Levante, tra il Mar Mediterraneo a ovest e il fiume Giordano a est, una posizione che fa della Palestina un collegamento tra l’Asia e parti africane del mondo arabo”. Lo Stato di Israele, dunque, per loro non esiste, e i teorici dei “due Stati” prima o poi dovranno rendersi conto che l’ostacolo per questa soluzione di pace non è Israele ma Hamas, a cui non interessa far nascere lo Stato palestinese ma solo cancellare Israele. Solo gli accecati dall’ideologia possono disconoscere questa verità.