Non saprei dire se in una favola contemporanea o in un sogno antelucano, ma si racconta di un Regno fantastico che si chiamava ‘Repubblica’.
Là i sudditi erano un po’ trascurati.
Gli ospedali non funzionavano bene, l’amministrazione e la giustizia lasciavano a desiderare, c’era molta criminalità spicciola e organizzata, difficile da estirpare.
I sudditi, lavoravano fra mille difficoltà, inceppati da regole e diktat, da tasse, balzelli, tributi, imposizioni.
I poveri e i super ricchi aumentavano a vista d’occhio, l’inflazione volava, ma le paghe rimanevano le più basse del mondo civile.
Il nuovo Gran Ciambellano, ma anche il re, dicevano che il Regno-Repubblica era troppo indebitato, che si doveva essere rigorosi, senza indulgenze per chi gettava il denaro pubblico e si approfittava del potere.
Nella favola o nel sogno era arrivato il nuovo Consiglio di Comando e nessuno avrebbe più sgarrato.
Adesso c’era chi aveva promesso che avrebbe rigirato il paese come un calzino. Basta favori, basta privilegi, basta favoritismi, basta sprechi.
Fu emesso l’Editto della Finanza Reale che determinava il nuovo andazzo, la nuova serietà, la lotta ai raccomandati e ai potentati.
Questo proclamava il nuovo Gran Ciambellano, questo il re avallava silente.
La favola o il sogno erano rassicuranti e appaganti, se fossero finiti qui.
Non fu presa la briga di leggere le 120 pagine e i 561 commi dell’Editto e men che meno le 555 pagine del dossier esplicativo delle Deputazioni.
Quei pochi che vi si avventurarono si trovarono a fare i conti con un linguaggio incomprensibile a tutti meno che ai Visir del Palazzo e ai Mandarini della burocrazia del Regno-Repubblica.
All’epoca del regno ‘ dei draghi’, ma anche prima l’Editto nascondeva favoritismi, regalíe apparentemente inspiegabili.
Uno scandalo, devastatatore delle casse del regno
Adesso con il nuovo Gran Ciambellano non sarebbe più successo.
Un elfo scampato alle trappole green, alle illusioni delle piste ciclabili, alle insidie delle auto elettriche e a un sacco di nuove diavolerie, con la velocità degli elfi volanti mise mano o meglio gli occhi sui commi scritti in lattughese ( lingua usata per scrivere l’Editto nel Regno-Repubblica). Lesse, tradusse e rovinò la favola e il sogno.
L’elfo volante scoprí che Sauron, il mago cattivo, si era intrufolato fra le pagine e aveva vergato privilegi, favoritismi, regalíe. Come prima, più di prima.
Sauron aveva sparso i suoi regali ovunque senza esclusioni e il silenzio fu tombale e generale.
Felici i terremotati di Umbertide ( Pg) destinatari di un contributo, a secco tutti gli altri.
Felici anche gli sciatori sull’acqua di San Gervasio Bresciano che avrebbero visto rifatto il laghetto per lo sci nautico e gli sportivi di Arzano ( Na) che avrebbero avuto i soldi per il campo sportivo.
Per non parlare della soddisfazione dei golfisti di Asiago (Vi) che avranno il 18 buche rifatto ex novo.
Interventi per milioni e milioni di euro.
Ancora meglio le centinaia di migliaia di euro regalati per ‘l’antichissima rappresentazione dei misteri di santa Cristina’ a Viterbo e via cosí per montanti importanti e centinaia di interventi simili a questi
Il tutto in perfetta controtendenza con gli impegni e le promesse.
Sauron il mago cattivo, si è insinuato anche nei ministeri e nella burocrazia. Specie nei pressi del Notabile Consigliere Fermatreni.
Milioni per prebende, istituzione di dirigenti, assunzioni nell’ordine di centinaia di unità.
A Sauron, non è mancato neppure il senso dell’ironia : mezzo milione di euro alla commissione che decide a chi dare i contributi del cinema.
Della serie pago profumatamente chi paga profumatamente, sí ma coi miei soldi.
Neanche a Paperopoli, dove peraltro lo staff del Capo non costa i 21 milioni necessari al nuovo Gran Ciambellano ( primato nazionale di tutti i tempi).
Il sogno o la favola sono presto diventate realtà.
E la realtà dice che vale sempre il comandamento ‘ lévati te che mi ci metto io’ e che nessuno, intende tutelare altri interessi che non siano i propri, dei propri clientes, della propria tribù.
Purtroppo niente di nuovo, neppure da destra.