Non pare evento particolarmente rimarchevole il fatto che un generale – un fior d’italiano onesto e coraggioso-conosciuto, ma non celeberrimo, a capo di un’istituzione militare che si occupa di carte geografiche e non di armi o strategie militari, sia colto da furor scribendi.
Se poi, come per il pensionato di rango che si autocelebra, il risultato della cupiditas letteraria non trova un editore e si autoproduce, la cosa si rimpicciolisce ancora di più.
Se si desse una scorsa e se ne constatasse la prosa e l’argomentare misero, si avrebbe la misura dello sfogo del generale.
Il libro immeritatamente ha assunto una dimensione abnorme rispetto al suo spessore formale e contenutistico.
Pare evidente che ci sia un nodo da sciogliere.
O il rilievo dato all’opera è frutto di una pura coincidenza o si è lanciato un ballon d’essai.
Palloncino multicolore per orientare su una notiziola di fascia bassa l’attenzione dell’opinione pubblica e distrarla da quelle di prima fascia, devastanti, su fisco, pnrr, controlli incrociati sui c/c, accise, invasione immigrati, promesse disattese.
Chi governa ha intrapreso un percorso retroverso rispetto alle aspettative dei fans.
La postura di questo governo da più parti soprannominato Draghi 2 non è più un mistero.
Nei Mondo di Sopra è ben presente il pericolo dell’apertura di un fronte potenzialmente deflagrante.
La mission diventa chiudere ogni spazio politico di coagulo per impedire la valanga di dissensi, peraltro consueta nelle decrescite conseguenti a crescite fulminee.
Fenomeno difficilmente contenibile e potenzialmente repentino se per accidente ai delusi si aggiungessero i cittadini non più elettori e quanti rivendicano anche da altre posizioni sovranità, difesa della comunità, del lavoro molecolare e avversione a tutto quello che pone al centro finanza, ansie sociali, recessione.
Riempire questo spazio con le tesi del generale significherebbe soffocare in culla il pericolo di un’alternativa.
Quanto sia preordinato o quanto si sia colta al volo la chance è arduo dirlo.
Sul tappeto rimangono il generale la sua enciclica da spaccio di caserma e i consensi conseguenti.
Pacchetto che rappresenta il danno più grande alla speranza di risorgenza per la cultura di comunità alternativa alla postdemocrazia.
Debbo autocitarmi : pag 47 del mio ultimo libro ‘ Combattere la postdemocrazia – da lucky luciano alla banda del pil’:
‘ Il cammino della cultura nazionale, identitaria, comunitaria è denso di ostacoli e ricco di avversari.
I più pericolosi, si pongono come amici, indefessi combattenti per l’identità e la tradizione, sordi alle dinamiche del progresso. . . Sono i sollecitatori della pancia degli elettori, ai quali si promettono rimedi che sembrano semplici in nome della difesa della tradizione e dell’identità.
Costoro finiscono per essere i killer delle alternative alla postdemocrazia poiché le bruciano con l’approssimazione delle loro posizioni senza costrutto.
Le suggestioni che sollevano talvolta facilitano successi elettorali straordinari, per lo più di fiato corto.
Fenomeni che promettono non tanto la tutela contro la postdemocrazia, contro l’invasività normativa, i pregiudizi, gli arbitrî. Perseguono piuttosto una specie di tabula rasa senza futuro e un cieco rifiuto delle sfide, delle diversità, dei cambiamenti. “
Il fatto del contenuto delle tesi, condivisibili o meno, rimane estraneo rispetto al diritto del generale a dire, scrivere, diffondere le sue opinioni, senza subire censure o castighi, richieste di riduzione al silenzio.
Questa vicenda ha sollevato ancora quella polvere malefica che aleggia in questo paese: sopraffazione del pensiero non conforme, presunti dogmi intoccabili, ostracismi intangibili, ai quali si oppongono banalità, approssimazione e superficialità allarmante.
Ultima perla: soltanto in questo paese si può ritenere plausibile che persone illustri e con responsabilità sparino sentenze su un libro premettendo candidamente di non averlo neppure letto.
È il segno dei tempi, ma anche prova della qualità dell’informazione e della classe dirigente.
Affondiamo non al suono dell’orchestra del Titanic, ma fra un coro assordante di pernacchie.