Chiar.ma Prof.ssa Cartabia,

Le scrivo come ex politico e avvocato di provincia di lunghissimo corso.

Ministro, la parola riforme, è ormai sinonimo di chiacchiere, nulla di fatto o pessimi risultati. Anche da qui nasce lo scetticismo sulla Sua annunciata riforma della giustizia.

Un piccolo aneddoto, nel 1968 affrontai l’esame di procedura penale 2. Il prof ci consegnò una dispensa e disse ‘ Studiate questa non il libro di testo, qui c’è la riforma che entrerà in vigore l’anno prossimo (1969). Aveva sbagliato di vent’anni.

La realtà da affrontare è la crisi di credibilità, di efficienza, di equilibrio, unità allo strapotere male esercitato da un pugno di magistrati convinti della propria potenza, impunità, sovranità su tutto e tutti. Per questo, ministro, non ci vogliono riforme né somme ingenti, come sostiene anche il miglior pensiero in proposito (es Cassese, Nordio).

Prima di tutto ci sono da sistemare le cose di base senza voli pindarici, senza spinte dei gruppi di pressione, senza spese esagerate.

Lei è apprezzatissima, pratica di studi dotti, palazzi prestigiosi, estimatori influenti, ma a quanto risulta, ignora la dura e pedestre realtà della quotidiana guerra nei tribunali, fra avvocati furbetti, clienti indiavolati, magistrati poco onorevoli, che offuscano quanto di buono c’è in quel mondo. Ignora se non sbaglio il campo di battaglia e le sue durezze.

Risulterebbe che si sarebbe circondata di ottimi teoreti, come Lei.

Diversamente non si spiegherebbe la scelta dichiarata di aumentare i coadiuvanti del magistrato per ottenere quello che dovrebbe essere il minimo sindacale: la conoscenza del processo. Non è uno scherzo, è davvero così.

Né avrebbe dovuto, ministro, raccontare che sentirà “le varie campane e troverà il giusto compromesso.”

Come se il Suo collega della salute raggiungesse una mediazione fra vax e no vax, facendo vaccinare un italiano sì e uno no.

Ma il vero passo falso, sintomo di un approccio che a noi del Mondo di Sotto, fa un po’ tremare i polsi, ministro, Lei l’ha compiuto dicendo che ‘ se non si fa la riforma della giustizia, l’Europa chiude la borsa dei soldi. ‘ Non ci si può non sentire disonorati come persone prima, poi come cittadini. Chi dovrebbe tutelare la posizione giuridica di tutti noi, mostra di stimarci alla stregua di bimbetti. Come se la mamma dicesse ‘se non fate i compiti niente gelato. E non per colpa mia, ma è il babbo che non ci dà i soldi’.

E ci vien da pensare che il diritto a una giustizia giusta abbia un prezzo, ma non per ottenerla ma per cederla ai nuovi padroni che vogliono regole che piacciono a loro, ai loro affari, alle loro conventicole, di cui vorremmo sperare – senza incorrere nell’ ottimismo del Candide di Voltaire – che Lei non faccia parte.

Intanto da cinquantennale manovale del diritto mi permetto di dare un paio si dritte, che potrà se vuole tenere in considerazione:

1) metta dei manager veri a gestire i palazzi di giustizia

2) istituisca un corpo di ispettori non noti agli ispezionati, con ex magistrati, ex funzionari ex avvocati meritevoli di fiducia e li sguinzagli in ogni dove e si affidi alle loro relazioni

3) Depenalizzi più che può.

4) Istituisca sezioni per le cause civili di condominio e simili, la stragrande maggioranza dei contenziosi, affidandole ai ruoli dei giudici onorari da passare a quello di magistrati quanto prima, previo concorso dedicato

5) metta l’obbligo di frequenza ai magistrati (si sta in ufficio non a casa)

Imponga l’orario di 8 ore al personale e aumenti gli straordinari

Non ci sarebbe bisogno dei soldi europei, per queste cose che non sono riforme, ma semplice ritorno al buon senso. Come nel settore si sa bene e altrettanto bene si fa finta di non sapere.

Delle riforme lasci parlare i consueti imbonitori.

Lei ci faccia dire fra un po’ che avevamo temuto inutilmente

i migliori saluti

Maurizio Bianconi