Leggendo le cronache politiche l’aspetto che più colpisce è la totale indifferenza dell’opinione pubblica nei confronti di una classe dirigente sempre più scollegata dal polso della realtà. Questo non vuol dire che non esista opposizione o contestazione ma laddove vi è dissenso riguarda nove volte su dieci aspetti marginali. Sia chiaro, non per rimpiangere il clima da 8 settembre permanente in cui abbiamo vissuto nel ventennio berlusconiano, sulle cui macerie ancora stiamo camminando, ma per sottolineare come, in una democrazia seria, l’opposizione parlamentare, la stampa, le piazze siano parte fondamentale nel sistema di pesi e contrappesi che la regolano.

Ormai assuefatti dall’ennesimo governo di responsabilità nazionale (che poi, quasi per contrappasso i governi che si susseguono si distinguono, invece, per sempre maggiore assenza di responsabilità nei confronti di quel popolo sovrano a cui dovrebbero rispondere), questa volta sostenuto addirittura dai tre quarti delle forze parlamentari, ci siamo rassegnati davanti a tutto anche a un ministro degli esteri che in piena crisi internazionale, con decine di italiani ostaggio all’aeroporto di Kabul, non posticipa le vacanze al mare di qualche settimana. Proprio lui che per timore di sporcarsi le mani con la casta non voleva nemmeno che fosse usato il termine ‘onorevole’.

Questo è solo l’ultimo di una serie di elementi che compongono il disastro in cui siamo capitati. E quel che più inquieta è la totale assuefazione delle persone, ormai rassegnate a morire strangolate dal nodo scorsoio stretto intorno al collo da chi era stato chiamato per salvarci.
Sto perdendo le speranze che gli umani eventi insegnino una volta di più che non possiamo sempre delegare, che occorre tornare a occuparsi della cosa pubblica in prima persona, che va recuperato il senso civico ma non come insegnamento stantio da inserire per riempire i buchi nell’orario scolastico ma quale materia viva che formi i cittadini di oggi e di domani.

Quando tutto si mescola in un magma grigio, dove bene e male, onesti e disonesti, capaci e incapaci sono cose interscambiabili senza che muti il senso della frase vuol dire che abbiamo toccato il fondo. I grandi sconvolgimenti della storia sono nati in periodi di forte incertezza e crisi economica, è vero, ma soprattutto crisi di identità. È proprio lì che caudilli e arruffapopoli trovano humus fertile per nascere e prosperare. Non distinguere più tra giusto e sbagliato, non per mancanza di conoscenza ma per ignavia e disinteresse, è il primo passo verso l’abisso. Serve un moto d’orgoglio o non ci saranno più uomini della Provvidenza a salvarci.