Il presidente francese preconizza l’intervento diretto, ‘sul terreno’, nella guerra Russia / Ucraina.
Al richiamo si accompagnano dichiarazioni esplicite sulla disponibilità francese all’uso delle armi nucleari .
Il presidente rammenta alla Russia che anche la Francia è una potenza nucleare e che non vi sono riserve all’uso delle bomba.
Se a questo piglio marca Goebbels si aggiunge la minaccia nucleare stile Kim Jong un, anche uno che di cose ne ha viste
rimane stupito.
Da Parigi patria della rivoluzione liberale a Monaco di Baviera culla del nazismo a Pyongyang, in un attimo. Troppo in un colpo solo.
E non a opera di un ceffo qualsiasi nè di qualche madama nera fuori dal tempo, ma a opera di un leader di spessore mondiale, uomo Rothschild Bank, pupillo allevato nella Ecole Nationale d’administration, a capo di una nazione culla di libertà e democrazia.
C’è un che di irrealistico in tutto questo.
Di rimando uno si immagina che il mondo intero richieda smentite, prenda posizione. Non si capisce perchè non si evochi un pericolo fascista, ma non teorico, tipo le schermaglie domestiche di questi tempi. Un pericolo vero da sventare, da far condannare da Onu, Nato, papa, Dalai Lama, intellighenzia dell’universo mondo.
Si immagina anche che la Francia paese sensibile a manifestare contro le ingiustizie le iniquità e con fratellanza, libertà, eguaglianza nel Dna, scenda in piazza disposta a tutto in difesa dei diritti dell’umanità.
Un vecchio zio di Monterenzio, paese semimontano prossimo a Bologna avrebbe detto ‘Nianca un succ’mel, nianca un ‘ col casso’. . . Roba da mat ‘ e avrebbe scosso la testa.
Nessuno ha fatto o detto granchè alle dichiarazioni nazicoreane del novello Chef de la Grandeur.
Neppure in Italia .
Un educato e quieto ministro degli esteri si limita a escludere l’invio di truppe italiane nulla osservando sulla compromettente bestialità pronunciata e ripetuta dal Grand Chef. E stop.
Sembra sfuggire che la Francia parla per sè solo in apparenza. Esistono due vincoli ineludibili : NATO e UE . In più gli stati europei sono legati da impegni e trattati che tengono tutti ben stretti, come una cordata in parete.
In questo scenario da fantascienza tanto orribile quanto inaspettato è doveroso riflettere sul perchè di simili posizioni .
Possono incidere difficoltà interne. Si ricorre così al vecchio sistema.
Richiamo della foresta, nemico esterno da battere, mozione agli impulsi peggiori del paese. L’applicazione del ‘ il patriottismo, estremo rifugio delle canaglie’.
Ci sarà di sicuro, ma non può bastare per la svolta nazicoreana del presidente.
Poi ci sono gli assi sottotraccia, nascosti ma non illeciti. C’è un filo solido e riservato che unisce quattro capi del mondo occidentale equamente ripartiti fra spirito e denaro fra America e Europa, Bergoglio, Draghi, Biden, Macron: l’appartenza militante al verbo gesuitico.
Potrebbe darsi che questo filo del potere si sia attivato in senso contrario alle parole di Macron, secondo la prassi contorta ma efficace degli uomini in nero.
Minacciare da quel pulpito una guerra nucleare potrebbe stimolare l’opportunità della pace. Pace che oggi abbisogna sia alla finanza non più in grado di gestire la tigre che ha scatenato, agli Usa sottoposti alla pressione di una Cina in crescita come influenza mondiale e in chiave antiamericana, al papa per ragioni istituzionali e di credibilità della ditta, a Macron per bloccare l’inevitabile riarmo tedesco e la crescita del peso germanico in Europa.
Oppure più banalmente si è verificato che dallo scoppio della guerra le forniture di armi made in Russia sono crollate e la Francia si è catapultata al secondo posto nel mercato. Proseguire le ostilità e intensificarle potrebbe essere un volano per l’industria francese.
Solo ipotesi, fra le quali non va neppure esclusa l’ambizione di Macron di essere il leader dell’UE, vista la debolezza non soltanto della van der Layen ma anche della leadership politica tedesca.
Quello che è sicuro è che Macron non ha parlato da idealista, nè ha ben valutato le conseguenze più probabili che possibili delle sue posizioni.
Va detto a ogni buon conto che l’Italia dovrebbe fermare le macchine, posteggiare in corsia d’emergenza fin quando il Grand Chef non ritorni nei ranghi. Le prudenze e la educata diplomazia non bastano di sicuro. E a questo punto andare a sbattere rovinosamente potrebbe diventare una quasi certezza.
Attenti al treno.