Il caso Apostolico ha riacceso le opposte tifoserie che si contrappongono sull’arena politico-giudiziaria ormai da trent’anni, da quando cioè il procuratore Borrelli teorizzò la supplenza della magistratura e il pool di Milano sfidò il governo annunciando che non avrebbe applicato le leggi dello Stato. Una posizione che qualcuno definì eversiva ma che la sinistra difese a spada tratta (per ovvia convenienza) come un atto legittimo per difendere l’indipendenza della magistratura. Ebbene: quelle posizioni si sono di fatto pietrificate scandendo tutta la storia della seconda Repubblica, col risultato che la riforma della giustizia è rimasta un miraggio (e lo resta, non illudiamoci). In questi giorni, con l’Anm come al solito sulle barricate e il Csm che ha aperto una pratica a tutela della giudice di Catania, si è detto e letto di tutto e di più, in una deriva che ha del paradossale: come possa, ad esempio, la magistratura associativa a parlare di dossieraggio e di violazione della privacy, dopo anni di intercettazioni penalmente irrilevanti date dalle Procure in pasto ai quotidiani amici e all’opinione pubblica è infatti incomprensibile, quasi ai limiti dell’assurdo, ma meravigliarsi sarebbe da ingenui, perché la casta togata si sente – a ragione – intoccabile, sapendo di tenere sotto scacco la politica con l’obbligatorietà dell’azione penale usata a proprio piacimento come un’arma ideologica.
Ma veniamo al punto: schierandosi politicamente in una manifestazione pubblica Apostolico ha esercitato un suo diritto costituzionale o ha contravvenuto a un’elementare regola deontologica? A questo proposito sono state spesso citate le lezioni di Rosario Livatino (“Il giudice oltre ad essere, deve anche apparire indipendente e offrire di sé stesso l’immagine di persona equilibrata… Soltanto così la società può accettare ch’egli abbia sugli altri un potere così grande come quello che effettivamente ha”) e di Piero Calamandrei (“il giudice dev’esser distaccato da ogni legame umano, superiore ad ogni simpatia e ad ogni amicizia: ed è bene che i giudicabili lo sentano lontano ed estraneo, inaccessibile…”. Basterebbero queste due illuminanti frasi per farsi un’idea di quanto il comportamento di Apostolico – tra insulti Facebook e mobilitazione di piazza – sia stato improvvido.
Ma forse alla sinistra che insorge in sua difesa è più utile ricordare i ripetuti moniti degli ultimi due presidenti della Repubblica provenienti entrambi dal Pd. Napolitano, parlando alla Scuola superiore della magistratura, disse che giudici e pm devono avere “serenità e sobrietà di comportamenti professionali e anche privati ed evitare i protagonismi personali, perché queste sono cose che incidono sull’immagine di terzietà del magistrato provocando sfiducia nella società…La dignità della magistratura è affidata ai suoi appartenenti”. E poi: “La magistratura deve adoperarsi per recuperare l’apprezzamento e il sostegno dei cittadini avviando una seria riflessione critica su sé stessa, non cedere a esposizioni mediatiche e non sentirsi investita di missioni improprie e esorbitanti, con atteggiamenti protagonistici e personalistici che possono offuscare e mettere in discussione l’imparzialità dell’ordine giudiziario”. E non meno netto fu Mattarella nel discorso di insediamento davanti alle Camere dopo la sua rielezione, quando parlò della necessità di una rigenerazione della magistratura, “chiamata a rivitalizzare le proprie radici deontologiche, valorizzando l’imparzialità e l’irreprensibilità delle condotte individuali; rifuggendo dalle chiusure dell’autoreferenzialità e del protagonismo”.
Dal Quirinale i richiami non sono dunque mancati, senza però mai scalfire né usi e costumi della parte militante della magistratura, che continua a negare l’evidenza e ripropone sistematicamente l’allarme sull’operazione che sarebbe in atto per gettare discredito sull’intero ordine giudiziario, come se la magistratura negli ultimi trent’anni fosse esente da colpe.
Nulla è cambiato, anzi: il conflitto con la politica ha scritto altri capitoli non edificanti, sulla pelle della democrazia e della credibilità della giustizia, e il caso Apostolico ne è solo l’ennesimo esempio. Anche se non sarà purtroppo l’ultimo.