Nelle più alte stanze della Camera bassa – Montecitorio – l’esploratore Fico sta portando avanti una delle più grottesche politiche della storia recente, ed è tutto dire: la ex maggioranza giallorossa, dopo mesi di un estenuante Risiko, con il patrocinio del Quirinale, sta cercando ora di trasformarla in una partita di Monopoli per distribuire e riciclare quote di potere vecchie e nuove. Il distacco tra le sofferenze del Paese e questi giochi di società (pardòn, di Palazzo) si fa sempre più abissale: c’è una maggioranza che tiene l’Italia sospesa, che ha baccagliato per settimane i costruttori europeisti, e che dibatte se mettere o no i figuranti nella platea di Sanremo, senza rendersi conto che loro stessi sono figuranti della politica e rischiano di essere spazzati via dalla crisi sociale sul punto di esplodere. Invece il Carrozzone va avanti come se nulla fosse: il calciomercato dei parlamentari è rimasto aperto anche durante le consultazioni al Colle, ossia durante il rituale sacro per eccellenza che la Costituzione prevede per gestire le crisi di governo. Sono momenti in cui la forma diventa sostanza, e non è disdicevole che la centrale operativa dell’arruolamento sia stata posta a palazzo Chigi, dove il premier in persona ha convocato i senatori in bilico per convertirli sulla via “europeista”?
Ma ormai il banco è saltato insieme al tre e all’asso: se la sede del governo è diventata una specie di suk, il Quirinale è stato teatro di esibizioni surreali, come quella della portavoce del Gruppo Misto secondo cui l’accordo con i nuovi responsabili è sacrosanto perché “partecipiamo insieme all’intergruppo sull’idrogeno”. O come il comizio di Renzi che si è intrattenuto più con i giornalisti che col presidente. Ecco: mentre gli italiani fanno i conti con la pesantissima eredità lasciata da Conte, il teatrino politico continua con Fico che riunisce la presunta maggioranza per stilare un nuovo contratto di governo. Già, perché nessuno si fida di nessuno, e il Rottamatore pretende che il programma sia scritto e controfirmato da tutti riga per riga, come se il precedente “contratto” del governo gialloverde non fosse stato un fallimento annunciato: dalla giustizia alla Tav era come la trippa alla fiorentina, ognuno lo tirava dalla sua parte e lo interpretava come voleva.
Intanto fuori grandina: il debito pubblico quest’anno – dati del Fondo monetario – sfiorerà il 160%, il Pil sarà dimezzato rispetto alle previsioni del Mef, e nel Recovery Plan non sono indicate coperture per 14,4 miliardi, con il capolavoro di un governo che riesce a sforare i conti anche con i soldi non suoi. E mentre ancora non è stato deciso il rinvio dei 50 milioni di cartelle esattoriali, il primo febbraio parte la riforma del catasto e questa è un’altra spada di Damocle sugli italiani tartassati dall’Agenzia delle Entrate e dalla pandemia: c’è il rischio infatti che con i nuovi parametri le tasse sulla casa aumentino in modo esponenziale. Una patrimoniale mascherata per battezzare il 2021 in cui fioriranno le primule di Arcuri e mancheranno purtroppo i vaccini anti-Covid. E’ la maledizione del 4 marzo 2018 che continua a perseguitare questo tormentato Paese: anzi, per un italiano su tre che quel giorno affidò il suo futuro a Grillo, Casaleggio e Di Maio è solo la meritata nemesi. Peccato che il conto lo stiamo pagando tutti, e che conto, maledizione.