Sergio Battelli, chi era costui? In questi giorni è assurto agli onori delle prime pagine dopo la rielezione a presidente della Commissione per le politiche Ue della Camera. Come mai tanto accanimento? Perché proprio quella Commissione avrà un ruolo di vigilanza sui soldi del Recovery Fund, quando e se arriveranno. A Battelli viene imputato di non avere un curriculum adeguato alla bisogna: diploma di terza media e commesso in un negozio di animali.Ma il curriculum di Battelli è in linea con il livello medio della cosiddetta classe dirigente grillina selezionata col criterio dell’uno-vale-uno a colpi di poche decine di preferenze. Vinte inopinatamente le elezioni politiche, l’altro criterio “virtuoso” a cui il Movimento ha fatto ricorso è stato la vicinanza al leader politico, e Battelli non a caso era e resta molto vicino a Di Maio.
Finito nell’occhio del ciclone, il presidente-Masaniello ha ricordato con un certo aplomb che non è il presidente di una singola commissione a decidere le sorti del Recovery Fund, glissando sulle polemiche e avvertendo che quei soldi “serviranno per creare un mondo nuovo, non per rifinanziare quello pre-Covid” e che il Parlamento “dovrà metterci voce e idee”. Parole definitive, dunque. Ora, detto tutto il male possibile di Battelli, che un presidente di commissione non abbia poi molto potere è la pura verità. Basti pensare che, dopo il ribaltone rossogiallo, anche uno squalo come Borghi alla Commissione Bilancio ha potuto fare ben poco per arginare il commissariamento delle Camere da parte di Conte. Quindi, l’indignazione dilagante appare eccessiva, e forse sarebbe più utile rivolgerla verso altri obiettivi potenzialmente molto più dannosi per il Paese.
Detto che è quasi inutile ricordare le leggendarie prodezze alla rovescia del duo Di Maio-Di Stefano alla Farnesina, con il Cile scambiato per il Venezuela e il Libano per la Libia, dovremmo ad esempio parlare di Crimi, che assomma le prestigiose cariche di viceministro dell’Interno e di leader pro tempore del Movimento. Per ora viene ricordato solo per la guerra santa sui contributi a Radio radicale e per la non brillante gestione della ricostruzione post-sisma nel centro Italia. E’ alla guida di un partito del 33 per cento, alla stregua quindi dei segretari Dc e Pci della prima repubblica, ma nel curriculum vanta solo un diploma di liceo scientifico, una mancata laurea in matematica e un incarico di assistente giudiziario a Brescia. E Nunzia Catalfo, ministra del Lavoro che si trova a gestire la più grave crisi occupazionale dal dopoguerra, che referenze ha? Un diploma e alcune “specializzazioni come orientatore e selezionatore del personale, progettista e tutor di percorsi elearning e stenotipista”. Mamma mia! Di Laura Castelli, poi – laurea triennale in economia aziendale – sottosegretaria e poi viceministra all’Economia nei due governi Conte – si è già scritto e detto tutto dopo le sue memorabili performances nei talk show tv e gli ormai proverbiali “questo lo dice lei” opposti alle teorie di illustri economisti. Poi, perché dimenticare Gianluca Castaldi, sottosegretario con delega ai rapporti col Parlamento? Diplomato Isef e “direttore di gara in Eccellenza e Promozione, nonché nella Serie A di Beach Soccer”. Per cui l’improbabile mondo grillino è popolato di Battelli, e ci sorprendiamo ancora se l’Italia è un battello che affonda?