La degenerazione del sistema politico, ha contribuito a determinare l’equivoco secondo cui alcuni valori, imprescindibili, debbano considerarsi come medaglie da appuntarsi al petto e mostrare in campagna elettorale. Al grido di “Onestà! Onestà!” un Movimento ha ottenuto la maggioranza relativa nell’attuale Parlamento. Ma non può funzionare, così… Un politico non può essere scelto solo perché ‘onesto’ o solo perché conosce le tecnicalità per guidare un assessorato o un Ministero, o ancora perché è rimasto coerente alle proprie idee. Tali valori non sono meriti particolari, sono semplici prerequisiti, una ‘conditio sine qua non’ per chi vuol far politica. L’onestà, declinata in politica, è un attributo che va posseduto non per essere scelto dal mazzo, ma solo per poter partecipare. E’ come se un calciatore pretendesse di esser messo sotto contratto da una squadra, solo perché sa che non si gioca con le mani. Altro dovrà determinare la scelta, se ingaggiarlo o meno. Del pari, un politico onesto ma incapace, non dovrebbe mai poter guidare una comunità. Stesso ragionamento vale per la ‘coerenza’: in piena dittatura dei social, impera la regola del “qui e ora”: in politica pare contare solo quello che si dichiara oggi, a prescindere da quello si era detto, non un anno fa, si badi bene, ma una settimana o addirittura il giorno fa. In tema di lockdown, da febbraio ad oggi quanti sedicenti “leader” hanno cambiato opinione, pur di andar dietro alla polemica del giorno, nel tentativo di catturare un po’ di consenso in più, dimenticandosi quanto precedentemente dichiarato? Uno dei più bei insegnamenti che ho ricevuto è quello secondo cui un politico deve necessariamente ‘dire ciò che pensa e fare ciò che dice’. “Averne oggi di politici così…” viene spontaneo pensare, di fronte alla grave degenerazione politica che stiamo vivendo. Invece dovrebbe essere la regola: la buona politica non dovrebbe prevedere soluzione di continuità tra ciò che si dice, si pensa e poi si fa. Anche la competenza, proposta oggi da taluni come argine invalicabile, da contrapporre ai barbari che hanno invaso le nostre Istituzioni, altro non è che un valore irrinunciabile e che non può mancare a chi vuole amministrare la res publica; votare “in scienza” (oltre che in coscienza) quando si approva una legge in Parlamento, non può costituire un atto meritorio: è un prerequisito per poter governare, tanto un piccolo Comune, quanto una Nazione. Le idee dovrebbero essere il “campo di battaglia” per una competizione elettorale: tutto ciò che può indirizzare un’azione di Governo, guidando i processi sociali, è idea politica ed è giusto che influenzi le scelte dell’elettorato. Non altro. In determinati momenti e contesti storici, si è fatta politica pur non avendo idee (ad esempio limitandosi alla contrapposizione verso chi le aveva), ma tale scelta si è sempre rivelata di corto respiro: quando si passa dalla protesta alla proposta, dal movimento di lotta a quello di Governo, l’inconsistenza emerge, e sono guai. Torna alla mente Benedetto Croce, che quasi un secolo fa – anche a riprova della irredimibilità del nostro popolo sempre uguale a se stesso, soprattutto nei difetti – scriveva: “Quando si tratti di curare i propri malanni o sottoporsi ad un’operazione chirurgica, nessuno chiede un onesto uomo, ma tutti chiedono medici e chirurghi, onesti o disonesti che siano, purché abili in medicina e chirurgia, forniti di occhio clinico e di abilità operatoria. Al contrario, appare strano che nelle cose della politica si chiedano invece, non uomini politici, ma onest’uomini.”