Veniamo subissati da richiami continui al mondo globale, a uscire dal nostro piccolo. Diversamente ci si attarda sulle polemiche spicciole e di giornata.

Più ancora si indulge in gossip e ‘retroscena’.

Rarissimo uno sguardo generale e meditato.

Anche quando si tratta di eventi più rilevanti, come le elezioni generali dell’Unione Europea o in paesi europei di primario rilievo.

Tutto viene ricondotto di regola al trito schema provinciale del ‘ho vinto io, ho ragione io” “no io’.

Come se i trionfalismi e le dichiarazioni sui social fossero parte irrinunciabile dei progetti politici e non aria fritta per sbarcare il lunario.

Manca la consapevolezza della necessità della crescita dell’analisi, ancorchè sommaria, della fine sostanziale del parametro della divisione tribale che caratterizzò il secolo breve.

Manca la coscienza dell’insorgere di un orizzonte liquido, senza schemi , che si forma, cambia e si riforma su domande e scelte attuali e concrete.

Per entrare in questa logica bisogna prima di tutto uscire dai trip da trivio e salire nelle piccionaie per guardarsi intorno.

La prima cosa che balza agli occhi è lo show fantascientifico delle presidenziali USA.

I contendenti  sarebbero protagonisti ideali e debitamente ridicoli di pieces da teatro delle maschere.

La realtà  è che uno dei due sarà a capo della politica occidentale e responsabile di scelte di guerra e di pace, dirimenti per l’intero genere umano.

Non tranquillizza che  banche e finanza decidano e decideranno per loro la politica mondiale, come senza imbarazzo dichiarò Alex Greenspan il longevo presidente emerito della Federal Reserve. E aggiunse ‘ i presidenti Usa possono avere una qualche autonomia sugli affari della Guardia Nazionale’. Niente di più.

In questa prospettiva varrebbe la pena di domandarsi se l’accentuata politica filoamericana dell’ Unione Europea e del Regno Unito non sia controproducente per un continente già in crisi e costretto fra una Russia imperiale, risorgente e confinante e un blocco orientale dominatore delle politiche economiche, delle produzioni dalle più elementari alle più sofisticate, leader perfino nel circuito del green deal, e gli Stati Uniti, nuncius di politiche speculative e per i quali  vale sempre quanto disse Kissinger”Essere un nemico degli americani è pericoloso, ma essere un amico è fatale”.

Val la pena  riflettere sulla circostanza che in Uk un labour party forte potrà giovare maggiormente a una politica finanziarista che  sociale, a scelte filo Usa e Unione Europea più che sociali e inclini alla worker class.

Va osservato  come il malcontento francese contro la guerra ucraina e contro i provvedimenti funzionariali e antipopolari di Macron possa essere meglio interpretato da una sinistra estrema sì ma repubblicana, interlocutrice non ostracizzabile, piuttosto che da compagini rifluenti verso provvedimenti drastici sì ma controproducenti e carichi di revanche.

Il Fronte Popolare vincitore in Francia in termini di seggi ha pressochè la stessa posizione del partito della Le Pen vincitore in termini di voti su guerre, partecipazioni belliche attive, armi, alleanze. E anche sui provvedimenti sociali e sui bisogni dei più poveri.

A conti fatti i risultati hanno rafforzato nell’Unione l’impatto e il peso politico delle idee e dei provvedimenti richiesti dalle forze a difesa di comunità identità lavoro e tutele sociali, sbrigativamente bollate come ‘destra estrema’, invece che come espressione di malcontento identitario e popolare contro la classe dominante di banche e finanza.

Nel frattempo Ursula e c. illusi che la procella sia passata, pensano a maggioranze aritmetiche e al rinnovo del loro potere.

Sembrano non capire che ignorare i rivolgimenti in corso e lavorare per un quadro conservativo e statico significherebbe sminuire ancora di più il peso specifico della democrazia rappresentativa e dei suoi strumenti. Significherebbe alimentare il ribellismo che in certe culture anche a democrazia avanzata fa presto a diventare rivoluzione, come già avvenuto e non ieri l’altro.

In questo quadro che conferma l’attualità delle istanze di revisione sociale, i “Patrioti europei” si pongono come protagonisti, lasciando al bivio i Conservatori guidati dai patrioti nazionali.

Anche in questo caso pensare che in un panorama labile e mutevole l’attendismo e la politica bifronte siano reddituali si sta dimostrando un concetto illusorio.