Viene da chiedersi perchè una categoria di 9500 membri, intoccabile, che si autogiudica, provvista di un potere incondizionato, possa muoversi cosí a piacimento.
La Costituzione immaginò una magistratura aldisopra di tutto, da preservare dalle altrui aggressioni.
Non si voleva predisporre un impalco che rendesse possibile a una categoria protetta, l’esorbitanza, l’invasione dei territori di chi veniva ipotizzato aggressore e non certo aggredito.
Non si pecca di lesa maestà, se si definisce la situazione dell’ordinamento giudiziario ” un’anomalia del sistema”.
Esiste un sindacato dei magistrati, potente, in grado di dettare l’agenda a ministri e governi.
L’ A. N. M. è un’associazione senza personalità giuridica di tipo sindacale senza alcuna funzione istituzionale e che ha come scopo, statutario “Tutelare gli interessi morali e ECONOMICI dei magistrati”. Ha cura di difendere le retribuzioni, le condizioni di favore, la considerazione sociale degli associati.
Fa riflettere che una categoria al top dell’ordinamento e alla quale sarebbe richiesta una doverosa astrazione dalle durezze del conflitto sociale abbia sentito il bisogno di riunirsi e proteggersi in sindacato come lavoratori sfavoriti.
Fa anche riflettere l’ultimo capoverso dell’articolo dello Statuto, inerente gli ‘ scopi ‘ “L’Associazione NON ha carattere politico”. Più che una menzogna è un pericoloso assunto, insidioso, contrario al vero.
L’A. N. M. ha esercitato un ruolo da associazione politica di grande peso. Si è intestata e ha rafforzato ogni iniziativa politica dei suoi iscritti. Non ha sanzionato gli scivoloni più evidenti trovando sempre il modo di aggredire e rilanciare.
L’A. N. M. è divisa in correnti come i partiti e ogni corrente ha un riferimento politico.
In forza di queste parcellizzazioni correntizie si determinano i membri del C. S. M. , le sedi dei magistrati, chi va dove, in un’applicazione del tanto bistrattato quanto utilizzato Manuale Cencelli.
Quello che dovrebbe fare la magistratura lo dice chiaro la Carta. Ai giudici compete un solo compito, espletare la ‘funzione giurisdizionale'( art 102). Che detto semplicemente è applicare le norme astratte ai fatti concreti. I giudici giudicano, aprono procedimenti, emettono provvedimenti, secondo il principio dell’applicazione in modo eguale per tutti delle norme vigenti.
Quando i magistrati mettono bocca durante la formazione delle leggi, escono dal loro campo. Invadono in modo pressorio la funzione legislativa e esecutiva.
Interviene l’A. N. M. e dice che essi ‘ difendono la Costituzione ‘ com’è loro dovere.
Errore marchiano. Il loro ‘ dovere’ è esercitare la funzione giurisdizionale e RISPETTARE la Costituzione.
Difenderla non è loro compito, tantopiù quando dicendo di difenderla si viola.
Le invasioni di campo non si fermano qui: la più efficace e ignorata è spiegata in un libro imperdibile di Sergio Rizzo, che parla dei magistrati consiglieri di Stato e dei distaccati presso il potere esecutivo. “Sono. . quasi tutti sconosciuti. Scrivono le leggi. . e decretano come applicarle. Sono al vertice dei ministeri, dove a volte contano più degli stessi ministri. Le loro sentenze possono cambiare i destini di interi settori dell’economia nazionale. . far decadere un presidente di Regione. . rappresentano la scheggia intoccabile della magistratura. . “
Questo panorama malsano ha prodotto i suoi effetti ai piani più bassi, com’era logico che fosse.
I recenti concorsi ammissivi hanno denotato la pessima qualità dei pretendenti al ruolo di giudice, poveri dei requisiti basilari, incapaci persino in molti casi di cognizioni ortografiche e grammaticali.
Gli operatori quotidiani stanno assistendo alla fuga dei migliori verso una pensione che li sottragga al nuovo che avanza, fra impreparazione, arroganze, crisi di valori. Salvo eccezioni.
Ne ha risentito grandemente la qualità dei giudicati, la dedizione degli addetti al processo. Aumenta la sfiducia sulle capacità di calmierare le ingiustizie e la consapevolezza che non c’è un giudice a Potsdam e neppure a Berlino, con buona pace del mugnaio di Brecht.
D’altronde se il pesce puzza dalla testa, anche la coda non scherza.