Di frequente fatti apparentemente scollegati sono tessere di uno stesso mosaico.
L’aumento dei prezzi energetici e la bussola impazzita del metodo della loro determinazione, gli esodi incontenibili dal sud del mondo con stragi da disaster movie. La guerra russo- ucraina, ormai un mattatoio con costi umani e finanziari abnormi, l’impoverimento delle popolazioni. Le crisi bancarie in Usa, Svizzera, Germania, paesi con le economie più robuste e teoricamente immuni, i rialzi dei tassi d’interesse della BCE in un quadro già sofferente. L’impoverimento generale e l’arricchimento spropositato di pochissimi. Il collasso francese che esplode prima con la ribellione del ceto medio e poi con la rivolta delle classi popolari, deflagrazione del malessere di un popolo evoluto, benestante sfibrato da errori storici, crisi permanenti per i vincoli finanziaristi e burocratici.
Il default minacciato in Tunisia, la guerra civile in Sudan del Sud, il pastrocchio impastato di morte e miseria della Libia, il vecchio continente ripercorso nuovamente dalle scorribande dei capitani di ventura e delle milizie mercenarie.
Paiono tasselli a sè e invece rientrano in uno schema. Come questa sorta di malessere generale, di instabilità psicologica generalizzata, il senso di transitorietà, la caduta di ogni limite nei comportamenti e nei fatti.
In un celebre romanzo di mare, Cecil Scott Forester racconta di una nave mercantile con le stive piene di riso, che imbarca acqua. La sentina tuttavia è asciutta, poichè l’acqua intride il riso. La nave è agli occhi dei marinai, in linea e senza acqua di mare a bordo. Scricchiola a prua, emette cavernosi rumori a poppa, la coperta si apre nelle connessioni. L’equipaggio non collega che i segnali che offre lo scafo, ognuno apparentemente indipendente dall’altro, dipendono dall’assorbimento dell’acqua imbarcata, che aumenta il peso e il volume del riso. La nave che un secondo prima sembrava inspiegabilmente soltanto appesantita e con il pescaggio aumentato, ‘ scoppia’ e si inabissa.
Se si continua a misurare la crescita con il Il Pil (prodotto interno lordo), il mondo occidentale con i suoi segnali apparentemente sconnessi, sta per fare come la nave di Forester.
Con un’inversione a U il premio Nobel Angus Deaton scrive sulle teorie della crescita quantitativa ‘il capitalismo democratico serve bene solo una minoranza della popolazione. È smentita la favola secondo cui tutti trarrebbero vantaggio dal permettere ai finanzieri di arricchirsi’. . ‘La maggior parte degli economisti. . . sono apostoli della globalizzazione e del cambiamento tecnologico che hanno arricchito una ristretta elite finanziaria e manageriale, ridistribuito ricchezza dal lavoro al capitale, distrutto milioni posti di lavoro e svuotato le comunità e le vite dei loro residenti. . . . . Dobbiamo superare la nostra idea fissa sul solo denaro come misura del benessere umano’.
D’altronde ricorda l’economista in piena autocritica :’Se obbligassimo tutti i bambini del mondo a lavorare 20 ore al giorno, nelle fabbriche e nelle coltivazioni agricole di tutto il mondo il pil globale crescerebbe di certo. “
La crescita quantitativa, di cui il PIL è l’unità di misura, sta stressando gli equilibri planetari.
Si intravede all’orizzonte quel fenomeno chiamato POLICRISI cioè crisi multipla, generale, polivalente.
La rincorsa alla ricchezza smodata e riservata a cerchie sempre più ridotte, lascia sul terreno troppe devastazioni sociali, economiche, ambientali, di risorse, tutte con effetto moltiplicatore.
Il riso nelle stive si è gonfiato a dismisura e la nave mondo e la scialuppa Italia denunciano malesseri gravi nelle parti più vulnerabili.
Tuttavia qui da noi si finge che ci siano altri problemi e ci si attarda su polemiche sicuramente senza peso e secondarie. Cosa più grave ci si arruola buoni ultimi, ma con l’entusiasmo dei neofiti nella banda del PIL, dopo aver vinto e ottenuto il governo promettendo l’esatto contrario.
Un quotidiano titolava:’ Meloni conquista il partito del PIL’.
Traguardo raggiunto, tradimento compiuto, scavo della fossa già a buon punto.